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ANSAcom - In collaborazione con Fondazione Maxxi
"La fotografia è difficile, molto difficile. Basta schiacciare un bottone". La battuta è di Guido Guidi, classe 1941, tra i più grandi Maestri della fotografia italiana, firma di quella generazione di autori che hanno ridefinito il nostro rapporto con il paesaggio contemporaneo. A lui oggi il Maxxi dedica Guido Guidi. Col tempo, 1956-2024, la mostra monografica più estesa mai realizzata sul suo lavoro, in programma dal 13 dicembre al 20 aprile, che si affianca a un'altra apertura: The Large Glass, mostra curata dall'artista concettuale americano Alex Da Corte (Philadelphia,1980) che inaugura invece una nuova prospettiva nel programma espositivo del Maxxi, invitando artisti e intellettuali a reinterpretare le collezioni del museo. Due appuntamenti, che segnano un traguardo.
"Per la prima volta dopo tanti anni, festeggiamo il plenum delle mostre - spiega la consigliera reggente della Fondazione Maxxi, Emanuela Bruni -Con orgoglio, possiamo dire di averne una in ognuna delle cinque gallerie, dalla moda all'architettura alla fotografia. Dulcis in fundo, la settimana prossima apriremo anche quella sui sessant'anni della Nutella".
Tanto sorprendente quella di Alex Da Corte che mette insieme opere come The Globe di Atelier Van Lieshout con le nuvole di fiamme e fumo di Fire Tires di Gal Weinstein, altrettanto visionaria è quella che ripercorre i primi 70 anni di carriera di Guidi, in un viaggio lungo oltre 500 opere e numerosi inediti, frutto di quasi due anni di intenso lavoro di ricerca condotto dai curatori Simona Antonacci, Pippo Ciorra e Antonello Frongia al fianco di Guidi nel suo studio e archivio a Ronta di Cesena.
Realizzata in collaborazione con Archivio Guido Guidi e con CCA - Canadian Centre for Architecture, ICCD - Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, la mostra procede su due piani intrecciati: quello verticale delle stampe fotografiche, con 40 sequenze costruite dall'autore, e quello orizzontale delle teche, con i densissimi materiali d'archivio Si va dagli esordi e le sperimentazioni degli anni Sessanta e Settanta, alle "esercitazioni di grammatica della fotografia" con lo studio di maestri come Walker Evans e Carlo Scarpa, le riflessioni intorno alla macchina fotografica come strumento dotato di una propria "intelligenza", le committenze sul paesaggio degli anni Ottanta e Novanta e progetti più recenti degli anni 2000.
"E' stato un lavoro faticoso. Ed è solo una minima parte dell'archivio - sorride Guidi con l'ANSA, all'alba delle 84 primavere che compirà l'1 gennaio - La prima macchina fotografica? Me la regalò mio zio a 16 anni, dietro mia richiesta. Lui pensava a una telecamera. Non volli, non so perché. Il cinema si fa con molte persone. La fotografia si può fare da soli. Volevo fare il pittore, in realtà. Il pittore dipinge anche il tempo, ma la sfida è quella di fotografarlo con uno strumento che registri l'istante. La prima fotografia comunque - sorride - l'ho scattata ai miei compagni di liceo, mentre disegnavano. È qui in mostra".
"Guidi - spiega la curatrice Antonacci - è un Maestro per più di una generazione e dal '56 a oggi ha costruito un discorso di senso, una teoria del vedere", "insegnandoci a guardare in modo nuovo il paesaggio che ci circonda".
Il 20 dicembre, anche il Comune di Cesena omaggerà il Maestro con la mostra Guido Guidi. Sul campo: una selezione di 100 fotografie realizzate negli anni '80 nel territorio cesenate e romagnolo, destinate a entrare nella collezione della Biblioteca Malatestiana. Ma oggi il Maestro Guidi cosa consiglia ai suoi allievi? "Non c'è un consiglio da dare - risponde - Se non quello di guardare. E di dimenticare le parole, di occuparsi della vista".
ANSAcom - In collaborazione con Fondazione Maxxi
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