La trasformazione culturale
e sociale di luoghi precedentemente dedicati al lavoro,
all'abitazione, al commercio, al tempo libero, in luoghi di
culto. Piccoli magazzini, capannoni industriali, laboratori,
fattorie: edifici forzati a cessare la loro attività, per il
cambiamento di paradigmi economici e sociali, "riscattati" da
comunità religiose (spesso composte di migranti) che li hanno
trasformati in luoghi di preghiera, dando loro una nuova luce e
una nuova prospettiva. E' quanto rivela la mostra 'A ribbon and
prayer-da spazi laici a luoghi sacri', progetto fotografico di
Massimiliano Camellini (Venezia 1964) visibile a 'Binario49' di
Reggio Emilia dal 28 aprile all'11 giugno, nell'ambito del
Circuito Off di Fotografia Europea. La sua indagine ha toccato
tutte le confessioni religiose, dall'Induismo al Cattolicesimo,
dalle chiese Evangeliche a quelle Pentecostali, dall'Islam al
Sikhismo, dallo Scintoismo al Buddismo e molte altre.
La macchina da presa di Camellini svela piccoli mondi
invisibili ai più: un tempio indù dietro i locali poco invitanti
di un magazzino abbandonato; paia di scarpe accuratamente
allineate all'ingresso di una sala di preghiera musulmana in un
ex edificio industriale; l'iconostasi riccamente decorata e il
lampadario in ottone di una chiesa moldava dietro le persiane di
un'ex macelleria; le spaziose sale di preghiera delle
congregazioni pentecostali e la loro fredda funzionalità
estetica. Il nastro (ribbon) evoca nel medesimo tempo sia quegli
oggetti che nelle antiche culture sono utilizzati a ornamento di
luoghi sacri per evocare la memoria e la fede, sia il drappo o
la tenda, visibili spesso nelle immagini, che metaforicamente
sono in grado di trasformare un luogo "pagano" in sacro. Lo
stesso luogo espositivo 'Binario49' appare come luogo di confine
(evoluto da commerciale a culturale) ma anche simbolo di
riscatto sociale, tanto che nel 2019 Sebastiao Salgado lo ha
scelto per la prima tappa italiana del suo progetto "Africa".
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