(di Gioia Giudici)
Realizzata a tempi record,
praticamente meno di due mesi, fedele al Dna della maison e
soprattutto alla visione del suo fondatore, Franco: buona la
prima (collezione) per Adrian Appiolaza, nominato direttore
creativo di Moschino poco dopo la morte improvvisa di Davide
Renne, a sua volta incaricato di subentrare a Jeremy Scott.
Fin dalla prima prova, il designer di origini argentine, con
lunga esperienza da Loewe e in altre maison, ha preso le
distanze dall'immaginario consolidato da Schtt nei suoi anni da
Moschino, per tornare a una visione più fedele a quella del
fondatore Franco. Il suo intento - spiegava alla vigilia dello
show, in un incontro con la stampa - è quello di "portare il
mondo di Franco in quello di oggi, trasformandolo in un mondo
più reale". E sono tutte portabili, infatti, le proposte
presentate oggi con una sfilata alla Permanente di Milano. "La
mia volontà - ha detto il designer - è trovare un equilibrio tra
teatralità e realtà", facendo "abiti con cui giocare e allo
stesso tempo mandare messaggi", proprio come faceva Franco
Moschino, che "aveva il suo modo di parlare al mondo e spesso
diceva cose che la gente non voleva ascoltare".
Al suo debutto, il 51enne Appiolaza ha deciso di mandare un
messaggio universale, quello della pace, parola che torna
intarsiata sugli abiti di maglia, stampata su quelli a T-shirt
decorati da cascate di perle, e che diventa logo sulla tunica in
seta. E poi il gender, con gli stessi abiti per lui e per lei,
personaggi che condividono le stesse ossessioni, a partire dalla
cravatta che diventa turbante, sciarpa e cintura e con i suoi
motivi tipici dilaga anche nel retro dei trench da portare con i
completi pigiama e con sottobraccio la nuova borsetta a forma di
baguette. Tra i temi ricorrenti, il punto interrogativo che era
una delle firme di Franco Moschino, il finto reggicalze e i
cappelli a barchetta come quelli di carta fatta dai bambini, per
tornare a giocare con la moda.
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