Arresti domiciliari e sequestro di
beni per oltre tre milioni per l'architetto e imprenditore Alex
Amirfeiz, amministratore delegato della Aspera, azienda genovese
attiva nella progettazione e nella realizzazione di edifici
civili e industriali, ma anche nel recupero e nella
conservazione di monumenti storici. La società, tra il 2013 e il
2016 si era occupata anche del restauro di una parte del
Colosseo.
La procura di Genova ha chiesto e ottenuto anche il divieto
di esercitare la professione di commercialista nei confronti di
cinque persone e il divieto di esercitare imprese e uffici
direttivi delle persone giuridiche nei confronti di tre. Oltre
ad Amirfeiz sono indagate Gianluca Accomazzo, Paolo Grasso,
Carlo Moriani, Luca Verdino, Carlotta Testino, Roberto Maria
Benedetti, Riccardo Costa e Carlo Laganà.
Secondo la procura, che ha coordinato le indagini del Nucleo
operativo della guardia di finanza, gli indagati avrebbero fatto
fallire la Aspera. Le accuse sono di bancarotta fraudolenta per
distrazione e per dissipazione, false comunicazioni sociali,
bancarotta impropria da false comunicazioni sociali ed
auto-riciclaggio.
La società era stata dichiarata fallita nel 2019 dal
tribunale di Genova e a quel punto erano partite le indagini,
concentrate anche sulle società che facevano capo
all'amministratore delegato della fallita. Gli investigatori
hanno analizzato i bilanci e libri contabili accertando, secondo
l'accusa, numerose operazioni "sospette", come la completa
svalutazione di crediti maturati nel tempo e stralciati
nell'ultimo bilancio prima del fallimento, pagamenti su conti
transitori privi di giustificazione, indebita svalutazione di
rimanenze, esecuzione di bonifici per finanziamenti infruttiferi
e successiva rinuncia al credito maturato. Il depauperamento
della società sarebbe partito dal 2015 e, attraverso
l'esposizione in bilancio di fatti rilevanti non rispondenti al
vero, ha impedito ai terzi creditori di avere la piena
consapevolezza sulla reale condizione debitoria. I finanzieri
hanno accertato debiti a partire dal 2014 e fino al fallimento
del 2018, pari a circa 18 milioni.
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