Dalla cabina di comando della Costa Concordia alla cella del carcere di Rebibbia e forse, domani, un lavoro in regime di semilibertà in Vaticano: la rotta di vita di Francesco Schettino, l'ex capitano della nave da crociera naufragata il 12 gennaio del 2013 contro gli scogli dell'Isola del Giglio, potrebbe puntare nelle prossime settimane a nuove sponde, e stavolta non del Tirreno ma del Tevere.
Lo deciderà il prossimo 8 aprile il Tribunale di Sorveglianza di Roma, chiamato a giudicare sulla richiesta da parte di Schettino di accedere al regime di semilibertà. Che potrebbe portare con sé un lavoro con la Fabbrica di San Pietro, per occuparsi, nell'ambito del progetto 'Seconda Chance', della digitalizzazione del patrimonio culturale.
La decisione era attesa per oggi, ma l'udienza è stata aggiornata perché è cambiato il giudice relatore. Tutto rimandato, dunque, per Schettino e il suo difensore, l'avvocata Paola Astarita, che giorni fa si augurava vincesse "non il mio assistito, ma il diritto".
Schettino si trova in carcere, nell'istituto romano di Rebibbia, dal 13 maggio 2017, dove sta scontando una condanna a 16 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo - 32 le vittime del naufragio - lesioni colpose, naufragio colposo e abbandono dell'imbarcazione. Circostanza, quest'ultima, da cui scaturì l'ordine perentorio dell'allora capitano della Capitaneria di Livorno Gregorio De Falco ("vada a bordo, c...") il cui audio fece il giro del mondo assieme alle immagini della gigantesca imbarcazione coricata su un fianco a causa di un 'inchino' di troppo a ridosso della costa.
Durante la reclusione, scontata per oltre la metà, Schettino ha mantenuto una condotta tale da usufruire di permessi premio e di ottenere un lavoro all'interno del carcere. Dal 2020, in particolare, ha lavorato alla digitalizzazione di alcuni processi. Sarebbe proprio un lavoro simile quello che, se la Sorveglianza gli concederà la semilibertà, potrebbe andare a svolgere in Vaticano.
La Santa Sede infatti ha aderito a un progetto per consentire il lavoro all'esterno del carcere per i detenuti ammessi alla semilibertà, e il protocollo firmato tra l'associazione 'Seconda Chance' e il Vaticano prevede proprio il lavoro all'esterno dell'istituto di pena come strumento per il reinserimento nella società dei detenuti. Schettino, come gli altri detenuti di Rebibbia che hanno avuto questa possibilità, avrebbe un regolare orario di lavoro dal lunedì al venerdì. Ma per sapere se questa prospettiva diventerà realtà servirà attendere ancora un altro mese.
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