L'università di Torino diventa
l'unico ateneo in Italia che coordina un'infrastruttura di
ricerca, nello specifico, insieme al Cnr, il nodo nazionale di
Mirri Eric, il consorzio europeo per la conservazione, la
caratterizzazione, la distribuzione e la valorizzazione di
biodiversità e risorse microbiche. L'ateneo torinese, che conta
una biobanca che conserva più di 10mila organismi e che ieri ha
deliberato la nascita del Centro interdipartimentale per la
conservazione e valorizzazione dei microrganismi, si conferma
polo di primo piano in un settore strategico, quello dei
microrganismi, considerati la chiave per il futuro di ambiente,
cibo, salute, energia, industria, economia.
Per citare solo alcuni esempi di prodotti che stanno già
avendo un impatto importante su questi settori, materiali per
l'edilizia a base di alghe, pelli, plastiche o pigmenti per la
colorazione tessile a base fungo, biomateriali da imballo,
cellulosa prodotta dai batteri, micro organismi per l'eccellenza
del made in Italy agroalimentare, prodotti per il biorisanamento
ambientale e biomateriali di origine batterica per protesi
biocompatibili. Un mondo da studiare e sviluppare per il quale
diventa strategico il lavoro di rete fatto con la joint research
unit Mirri, che a livello nazionale riunisce 27 istituzioni,
coordinate da UniTo.
"Sempre di più la ricerca deve essere rete, condivisione, in
una dimensione europea", sottolinea il rettore Stefano Geuna,
mentre la presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza, definisce
questo progetto "un'occasione molto importante". "Abbiamo
centrato un obiettivo fondamentale - conclude Giovanna Cristina
Varese, coordinatrice del nodo nazionale -. Non vogliamo fare
solo ricerca di base ma anche trasferimento tecnologico per
affrontare le grandi sfide della società e la biodiversità
microbica è una risorsa preziosa, alla base di tutto".
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