CESARE BOCCI - DANIELA SPADA, PESCE D'APRILE. Lo scherzo del destino che ci ha reso più forti (Sperling e Kupfer, 197 pp, 17 Euro). Colpiti, ma non affondati da uno scherzo del destino. Traballanti forse, ma ancora in piedi, anche se la loro esistenza è stata stravolta per non tornare più come era prima. Anche se forse sarebbe stato più facile riporre le armi e abbandonarsi alla sconfitta. E invece l'attore Cesare Bocci e Daniela Spada, la sua "non moglie" ma vera compagna di vita, hanno scelto di lottare affrontando insieme le difficoltà. Perché se insieme, si sa, tutti sono più forti, per loro questo è stato ancora più vero. E perché da soli non ce l'avrebbero fatta, mentre "insieme" hanno vinto: il risultato del loro essere "invincibili" è sotto gli occhi di tutti, scritto a chiare lettere in Pesce d'aprile, il bel libro composto a quattro mani per Sperling e Kupfer, in cui la coppia racconta la propria vita prima e dopo il maledetto ictus che colpì Daniela nel 2000, a solo una settimana dal parto della loro figlia Mia. Leggendo il libro, sembra che raccontarsi sia stata per loro una necessità del cuore, e non soltanto una scelta del cervello: mettersi a nudo per mostrare senza paura le proprie fragilità, per far vedere agli altri quel passaggio fatidico da quando "si aveva tutto" a quando invece "si è perso tutto", e riuscire a farlo a testa alta. E soprattutto per spingere chi non trova il coraggio di vivere ad andare avanti comunque, perché c'è sempre tempo per scoprire quanta vita c'è durante e dopo la malattia.
Quel mal di testa mentre stava allattando la bambina, che segna l'inizio del calvario: la paura che Daniela morisse, quella non meno spaventosa che non potesse più parlare né camminare, l'insensatezza crudele di quell'embolo che ha deciso di scoppiare proprio nel cervelletto, mescolando le carte nella testa e nel corpo della donna. E poi il senso di impotenza di Cesare, quei piccoli "vantaggi" ottenuti in ospedale perché "sì, lui è proprio quello che fa Mimì Augello in Montalbano", le attese piene di sigarette e angoscia, e la pena per quella bambina appena nata rimasta forzatamente senza una mamma che la potesse accudire. Si piange nel leggere di sconfitte, di sguardi carichi di pena, e di piccoli, lentissimi progressi fatti in ospedali spesso ostili e poco "a misura di paziente"; si sorride quando Daniela ricomincia a vivere, inventandosi addirittura una nuova professione, non potendo tornare a fare la grafica. Un'altalena emotiva inevitabile quando il racconto, come in questo caso, è quello della vita vera. Senza filtri per i sentimenti. Mentre scorrono le pagine, le parole di Cesare e Daniela hanno il dono di saper contagiare di ottimismo e speranza chi legge: il loro segreto sta tutto nella loro sincerità, nell'aver saputo trovare il modo giusto - empatico e delicato, ironico e incisivo - con cui dire piccole grandi verità.
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