L'Italia ha esportato negli Usa 7,8 miliardi prodotti agroalimentari nel 2024.
E se dovessero essere colpiti dai dazi potrebbero ridursi di un 15-30% per prodotti chiave come vino, olio d'oliva, formaggi dop, ortofrutta, pomodoro trasformato e pasta. A lanciare l'allarme il Centro Studi di Confcooperative, spiegando che, a conti fatti, l'impatto per il settore potrebbe valere 2 miliardi di euro l'anno: un danno enorme, considerando anche il fatto che gli Usa rappresentano il terzo mercato di destinazione dell'export agroalimentare italiano.
A soffrire, se dovessero arrivare i dazi anche sui prodotti europei ed italiani, saranno anche altri settori. Il Made in Italy che vince negli Stati Uniti è fatto di macchinari e impianti, autoveicoli, farmaceutica e, appunto, agroalimentare.
Per capire l'impatto basta vedere quello che è accaduto in Borsa ai titoli delle case automobilistiche con i dati applicati in Messico e Canada, tutti in deciso calo. Stellantis, la società che raccoglie molti marchi auto italiani e francesi, è quella che avendo fabbriche nei due Paesi rischia di subire l'impatto peggiore: 3,4 miliardi di minori guadagni rispetto ai 5,9 miliardi stimati per tutte le principali case automobilistiche.
Ovvio un contraccolpo indiretto anche sull'Italia.
Certo l'agroalimentare è un settore di eccellenza. Nel 2024 ha esportato negli Stati Uniti prodotti per 7,8 miliardi di euro (+17% sul 2023). Per le vendite estere di vino - spiega la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) - gli Usa sono il primo mercato di sbocco italiano, con quasi 1,7 miliardi euro e un peso sulle esportazioni totali oltreoceano del 26%.
Percentuale in crescita nel 2024 sull'anno precedente (+7%), con un'impennata per i vini spumanti (+19%). Si tratta di un'incidenza di quasi il 24% sull'export totale di vini tricolore, molto più del diretto competitor francese, la cui quota non arriva al 20%. Secondo l'Unione Italiana Vini i dazi al 25%, insieme a rischi di recessione di Canada ed Europa, potrebbero comportare perdite fino a 1 miliardo di euro per il settore. I dazi, poi, aiuterebbero la concorrenza dei vini argentini, australiani, cileni.
Dopo il vino, nell'export tricolore in Usa troviamo i prodotti da forno e farinacei, al cui interno rientra la pasta (805 milioni di euro, pari al 12% del totale) e l'olio d'oliva (670 milioni di euro, pari al 10%).
Ma gli impatti sono anche indiretti. I dazi sono già scattati sulle importazioni dal Messico e dal Canada, due Paesi nei quali la casa italo-francese Stellantis ha una massiccia presenza. L'esposizione sugli Usa del gruppo vale 14 miliardi di dollari: in pratica 417 mila vetture dal Messico e 170mila dal Canada. L'impatto sui guadagni della società, calcolato dagli analisti dell'agenzia Bloomberg, sarebbe di 3,44 miliardi. Ma l'impatto non sarebbe solo per il gruppo italo-francese, ma anche per Volkswagen (1,77 miliardi di dollari) per Bmw (552 milioni) e per Mercedes (124 milioni). Due le possibilità. La prima è di spostare la produzione negli Usa, ma questo non sarebbe a costo zero: richiederebbe tempi lunghi e un aumento dei costi di produzione di circa 3.500 dollari per veicolo.
L'altra ipotesi è quella di scaricare i dazi sui prezzi delle vendite e, in questo caso, l'aumento per automobile negli Usa sarebbe tra i 6mila e i 10mila dollari in più.
E' in Italia? L'effetto potrebbe essere a cascata. Per una doppia ragione. Da una parte l'importazione di pezzi di ricambio, dall'altra per la necessità delle case automobilistiche di aumentare un po' ovunque i prezzi per far quadrare i conti. Una stima è stata fatta da Federcarrozzieri, che, ipotizzando un aumento del prezzo dei veicoli del 10%, ha stimato rincari medi di 2.500 euro: dai 1.500 euro di una Panda a 3.035 di una Vokswagen T-Roc.
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