Passaggio di consegne in Confindustria.
Giovedì, con il voto in assemblea, gli industriali sono chiamati ad eleggere Emanuele Orsini presidente di Confindustria per i prossimi quattro anni.
Ha di fronte sfide
esterne, in uno scenario dell'economia e delle relazioni
industriali con molti fronti aperti, ed interne nel sistema di
rappresentanza degli industriali dove sembra prospettarsi una
nuova stagione di forti cambiamenti. E' stata letta in questo
senso l'accelerazione nell'indicare la scelta per il prossimo
direttore generale, Maurizio Tarquini: arriva da Unindustria ed
è considerato un profondo conoscitore della 'macchina', un
sistema complesso.
Dopo polemiche e veleni nei mesi della campagna elettorale,
per Orsini la prima prova è stata quella di lasciarsi subito
alle spalle quel clima, ricomporre le fratture anche con un
segnale chiaro nel nominare la squadra dei vicepresidenti lo
scorso 18 aprile: gli è stato riconosciuto di aver guardato a
competenze e qualità.
A ripercorrere gli ultimi quattro anni il dossier del
passaggio di consegne è ampio. Carlo Bonomi lascia via
dell'Astronomia dopo sfide di cui resterà traccia nei libri di
storia. E' stato designato il 4 aprile 2020, in videoconferenza:
quel giorno alla riunione in via dell'Astronomia erano
fisicamente presenti solo il presidente uscente Vincenzo Boccia,
l'allora direttrice generale Marcella Panucci, i due candidati.
L'Italia era nel buio di una incognita che faceva paura, il
Covid: una sfide dura e inedita anche per le imprese, come per
il protocollo per la sicurezza, che ha poi fatto scuola in altri
Paesi, ma anche per garantire il traffico delle merci, e più
avanti per superare il blocco dei licenziamenti con l'impegno
degli industriali a sostenere una fase di rilancio anche per
l'occupazione. Arrivano anche la crisi dell'approvvigionamento
di materie prime, l'emergenza dell'energia, le guerre. C'era il
rischio che le continue emergenze soffocassero ogni prospettiva
di più ampio respiro. Sono stati invece cercati anche momenti
'alti', come per le ultime due assemblee pubbliche degli
industriali: una in udienza dal Papa, l'altra incentrata
sull'intervento dal palco del Presidente della Repubblica, non
era mai accaduto prima.
Se chi lo conosce bene dovesse pensare ad un rammarico, al
termine di questi quattro anni, probabilmente bisogna ricordare
il 29 settembre del 2020, la sua prima assemblea pubblica da
leader di Confindustria: Carlo Bonomi chiede una "visione alta e
lungimirante", un "nuovo grande patto per l'Italia". Trova la
sponda in Mario Draghi ma il confronto tra parti sociali resta
arenato sulle divisioni tra sindacati. Le condizioni c'erano.
Sul fronte delle relazioni industriali è una stagione in cui,
per esempio, Confindustria ha garantito puntualmente il rinnovo
dei contratti. Intanto al Governo si sono avvicendati tre
interlocutori molto diversi: Giuseppe Conte, Mario Draghi,
Giorgia Meloni. E' stato il terreno di confronto per battaglie
come il taglio dell'Irap e del cuneo fiscale.
Dietro le quinte, un ampio lavoro interno di riorganizzazione
e di riequilibrio della gestione economica di Confindustria,
anche per le partecipate: ne è un esempio il percorso di
rilancio del gruppo 24 ore. Dopo lo scoppio della guerra Carlo
Bonomi arriva a Kiev, apre una sede, uno sportello per le
imprese. E' un tassello del percorso di spinta
all'internazionalizzazione fortemente voluto da Bonomi che
chiama in via dell'Astronomia l'Ambasciatore Raffaele Langella,
attuale dg. Si rafforza il rapporto con le altre
'confindustrie', in particolare con i tedeschi di Bdi e i
francesi di Medef: riconoscono all'Italia un ruolo guida nel
confronto sulle politiche industriali europee. Apre la sede di
Singapore, poi anche la sede di Washington e con un evento
d'eccezione: l'esposizione negli Stati Uniti di dodici fogli del
Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, "il miglior ambasciatore
per l'industria italiana ed il genio italiano".
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