(di Fausto Gasparroni)
Poteva essere un
confronto tra personalità contrapposte su molti temi sociali e
politici, ma alla fine, nell'incontro in Vaticano tra papa
Francesco e il premier ungherese Viktor Orban, hanno prevalso le
questioni legate alla guerra in Ucraina, l'accoglienza dei
profughi, le possibili iniziative per la pace. E in un clima di
grande cordialità, tra sorrisi e calorose strette di mano, il
Pontefice ha avuto anche parole di apprezzamento e lode per
quanto fatto dagli ungheresi in favore dei rifugiati ucraini.
"Ho scelto questo per voi... ho pensato a voi ungheresi che ora
accogliete i profughi", ha detto papa Francesco nel donare a
Orban la formella in bronzo raffigurante San Martino, che
protegge il povero donandogli la metà del proprio mantello.
Subito prima, a porte chiuse, si era svolto il colloquio
privato tra i due nella Sala della Biblioteca, durato 40 minuti.
E oltre a discutere dei vari temi il capo del governo magiaro ha
formulato anche un invito al Papa a visitare il Paese, dopo la
tappa-lampo del 12 settembre scorso a Budapest per la messa
finale del Congresso eucaristico internazionale. Lo si desume
dalle parole di saluto che i due si sono scambiati al termine
dell'incontro. "Dio la benedica, benedica la sua famiglia e
l'Ungheria", ha detto il Papa in inglese. "Noi la aspettiamo",
ha replicato sempre in inglese Orban congedandosi.
Ed è sul suo profilo Facebook che il premier appena rieletto
per il suo quarto mandato consecutivo ha distillato il succo
della sua visita al Pontefice: "Ho chiesto a Papa Francesco di
sostenere i nostri sforzi per la pace". E quanto Orban, pur da
capofila della destra sovranista europea e alla guida di quella
che lui stesso ha definito una "democrazia illiberale",
considerato il miglior alleato di Vladimir Putin fra i leader Ue
(ha tra l'altro respinto sia le sanzioni alla Russia sia l'invio
di armi all'Ucraina), tenga in questo momento a un buon rapporto
con la Santa Sede lo dimostra che quella di oggi è la sua prima
visita ufficiale all'estero dopo le vittoriose elezioni del 3
aprile.
Lo ha spiegato oggi anche il suo portavoce Zoltan Kovacs:
"Secondo il primo ministro la logica della storia dell'Ungheria
impone che il Paese abbia una particolare attenzione per il
Vaticano". E l'apprezzamento espresso da Bergoglio per la
protezione dei profughi ucraini fa leva sul fatto che, secondo
il governo, dall'inizio della guerra sono arrivati in Ungheria
625.956 rifugiati dall'Ucraina, di cui finora 17 mila hanno
chiesto protezione umanitaria, mentre altri 100 mila hanno
richiesto permesso di soggiorno temporaneo mensile.
Della ristretta delegazione ungherese in Vaticano, oggi
facevano parte anche la moglie di Orban, Aniko Levai, e il vice
premier Zsolt Semjen. Con loro Orban stamane, pur essendo
calvinista, ha anche seguito una messa nella Basilica di San
Pietro. Nello scambio di doni col Papa, Il premier magiaro ha
regalato a Bergoglio due libri, di e sul compositore Bela
Bartok, una raccolta di Cd di musica lirica, un volume del 1750
con l'Ufficio delle Ore per la Settimana Santa in inglese e
latino. Francesco, oltre che col medaglione su San Martino, ha
ricambiato con i volumi dei documenti papali, il Messaggio per
la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, il Documento
sulla Fratellanza Umana, il libro sulla Statio Orbis del 27
marzo 2020, a cura della Libreria Editrice Vaticana. Trattandosi
di una "visita privata", non c'è stato l'incontro del premier in
Segreteria di Stato col cardinale Pietro Parolin - peraltro oggi
assente - né col segretario per i Rapporti con gli Stati, mons.
Paul Richard Gallagher.
Intanto, sempre a proposito dell'auspicata fine del conflitto
ucraino, oggi una nota della Santa Sede, oltre a ricordare che
"nella scorsa domenica delle Palme papa Francesco aveva chiesto
una tregua pasquale, per arrivare alla pace", ha informato che
"la Santa Sede ed il Santo Padre si uniscono all'appello che il
sig. Antonio Guterres, segretario generale dell'Onu, d'accordo
con Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa
greco-cattolica ucraina, ha lanciato il 19 aprile scorso, per
una tregua in occasione della celebrazione della Pasqua secondo
il calendario giuliano, il 24 aprile prossimo". "Nella
consapevolezza che nulla è impossibile a Dio - aggiunge la nota
-, invocano il Signore perché la popolazione intrappolata in
zone di guerra sia evacuata e sia presto ristabilita la pace, e
chiedono a chi ha la responsabilità delle Nazioni di ascoltare
il grido di pace della gente".
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