Nell'ambito delle difficili trattative con il Fondo monetario internazionale per lo sblocco di un piano di aiuti da 1,9 miliardi di dollari a Tunisi, dopo le parole del presidente Kais Saied che ha affermato che "i diktat dall'estero che portano solo a un ulteriore impoverimento sono inaccettabili", e che "l'alternativa è contare su noi stessi, poiché siamo un Paese sovrano", con l'Italia che preme in tutte le sedi, attraverso il ministro degli Esteri Antonio Tajani per la concessione di "una prima tranche di finanziamento per permettere alla Tunisia di cominciare a fare le riforme, e man mano che farà le necessarie riforme si potranno dare altri soldi", si fa strada dunque nell'opinione pubblica tunisina e tra gli analisti la convinzione che abbia un senso rifiutare il prestito.
Almeno, alle condizioni richieste conosciute, ovvero
in cambio di riforme che comporterebbero tagli ai sussidi su
beni di prima necessità ed altri tagli strategici.
"I programmi economici del Fondo monetario internazionale
rischiano di indebolire le parti più povere della popolazione
tunisina mirando a eliminare i sussidi su certi beni di prima
necessità e sul petrolio" dice Alissa Pavia. "Secondo l'Fmi,
dato che questo sussidi non sono mirati (sopratutto quelli sulla
benzina), finiscono paradossalmente per aiutare la parte più
ricca della popolazion. Ma altri studi invece dimostrano che
sono conclusioni da prendere con molta cautela e che i sussidi
invece contribuiscono a creare una società più equa".
"Detto ciò, - sottolinea Pavia - c'è da ricordare che sono
stati i tunisini stessi a crearsi il proprio programma economico
di riforme da abbinare a un finanziamento del Fondo monetario, e
che sono stati loro a proporre tagli ai sussidi".
"Ci sono altre opzioni percorribili, ma richiederebbero più
tempo" continua Pavia. "Se i tunisini dovessero decidere di non
voler accettare gli aiuti del Fondo, avrebbero a disposizione
più o meno 8 miliardi di dollari miliardi in riserve straniere
che potrebbero utilizzare per cominciare a ripagare i creditori.
Nel frattempo potrebbero implementare delle riforme fiscali e
monetarie con l'aiuto della Banca Mondiale e altre istituzioni,
come ad esempio riformare il sistema di tassazione per renderlo
più equo".
"Tutto questo - conclude Pavia - potrebbe evitare di dover
indebitarsi nuovamente con il Fondo, ed evitare di tagliare
sussidi su beni di prima necessità". (ANSAmed).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA