Fonti diplomatiche occidentali e ambienti di intelligence in
Medio Oriente sono convinti che a Damasco come a Riad, al Cairo
come ad Abu Dhabi, si preferisca continuare a negoziare con "un
rivale conosciuto", come Erdogan, piuttosto che "ricominciare le
trattative da capo con un possibile alleato ma del tutto
sconosciuto", in riferimento al Kemal Kiliçdaroglu.
Sia l'Arabia Saudita che l'Egitto hanno solo di recente
ripreso cordiali rapporti con la Turchia di Erdogan dopo anni di
tensioni e aperta rivalità. Gli stessi Emirati Arabi Uniti,
potenza del Golfo sempre più presente nel Mediterraneo, dopo un
periodo di gelo nei confronti di Ankara, hanno ora "buoni
rapporti di lavoro" con il presidente turco.
Analisti di intelligence e fonti diplomatiche interpellate
dall'ANSA a Beirut sottolineano inoltre come il candidato rivale
di Erdogan in Turchia è percepito nelle capitali arabe come
"appoggiato dagli Stati Uniti". Anche perché, ricordano le
fonti, la guerra in Ucraina ha finito per rafforzare la presenza
politica e militare russa nel Mediterraneo orientale, a partire
dalla convergenza di interessi con la Turchia di Erdogan, con
l'Arabia Saudita di Muhammad ben Salman, persino con Israele di
Benjamin Netanyahu.
Mosca sta lavorando da più di un anno per normalizzare i
rapporti tra la Siria del presidente Assad, a capo di un sistema
di potere colpito da sanzioni Usa ed europee ma ormai riammesso
a pieno titolo nel consesso panarabo, e la Turchia. Ieri in
Arabia Saudita si è svolta la prima riunione preparatoria della
Lega Araba in
vista del summit di venerdì prossimo, al quale è stato invitato
Assad stesso.
Nei giorni scorsi i ministri degli esteri di Turchia, Siria,
Iran e Russia si sono incontrati a Mosca per fare il punto sul
percorso di normalizzazione delle relazioni politiche e
diplomatiche tra Damasco e Ankara dopo 12 anni di conflitto
armato in Siria. "Assad preferisce cento volte Erdogan piuttosto
che il suo rivale considerato filo-Usa".
Solo poche settimane fa, sottolineano le fonti diplomatiche e
di intelligence, la Cina ha celebrato a Pechino il disgelo
storico tra Iran e Arabia Saudita, una mossa che Erdogan ha
elogiato e che gli Stati Uniti hanno invece guardato con
sospetto. Secondo le fonti, l'istinto di autopreservazione, che
unisce tutti i sistemi politici mediorientali, spinge i vari
leader arabi dall'Egitto al Golfo a puntare sulla vittoria
elettorale di Erdogan, anche soltanto per un pugno di voti.
(ANSAmed).
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