MARRAKECH - C'è Matt Dillon che spera, un giorno, "di fare un film in Marocco" e Tilda Swinton che ama "perdersi nella medina".
Le star del Festival del cinema di Marrakech sono ammaliate dalla bellezza della città ocra. I racconti delle loro emozioni sono già lezioni di cinema quando spiegano al pubblico di giovani attori e cineasti trucchi ed esperienze del mestiere che li ha portati sulla scena internazionale. Simon Baker, l'attore australiano di 'The Mentalist', analizza il Festival, "un posto dove, lontano dagli stress del mercato, si celebra devvero il cinema nella sua universalità". In effetti nelle parole del principe Moulay Rachid, presidente della Fondazione Festival Internazionale del Cinema di Marrakech questo evento celebra Il "cinema come bastione di pace, che lavora per il riavvicinamento delle culture e la scoperta dell'altro". E nella fase della ricostruzione, dopo il terremoto che a settembre ha scosso il Paese, il festival spegne qualche luce per "rendere omaggio alle vittime del tragico disastro naturale che ha colpito la regione più di due mesi fa".
Marrakech corre avanti e il festival è nel pieno delle celebrazioni, in vista della chiusura del 2 dicembre quando la giuria, presieduta da Jessica Chastain dovrà assegnare la 'Stella d'oro'. Tra i film in competizione brilla già per i molti applausi ricevuti 'Les Meutes' di Kamal Lazraq, premio della giuria a Cannes 2023. Un film duro, che si tuffa nei sobborghi di Casablanca, tra emarginati e nuovi miserabili, così lontano dai cliché turistici e anche cinematografici che descrivono la città. I dialoghi sono essenziali e la sceneggiatura asciutta unita a una regia impeccabile dà al film una dimensione toccante e profondamente umana. Perfettamente in linea con il Festival di quest'anno.
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