Cadalanu, con un'esperienza che spazia dal Medio Oriente all'Ucraina, offre un ritratto della crisi libica col sottotitolo "La Libia, il petrolio, l'Italia".
Il 20 ottobre 2011, Muammar Gheddafi veniva catturato e ucciso, segnando la fine del suo regime e l'inizio di un'agonia senza fine per la Libia. Nel libro, Cadalanu - giornalista di lungo corso che per Repubblica ha coperto conflitti in Sudan, Afghanistan e Balcani - smonta le narrazioni ufficiali dell'intervento Nato.
Le "prove false" contro Gheddafi, simili a quelle usate per Saddam Hussein, celavano un "obiettivo chiaro", ha sintetizzato lo stesso giornalista ad ANSAmed: i giacimenti di gas e petrolio. "Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Italia, seguiti da attori come Russia, Turchia, Qatar e persino lo Stato Islamico, hanno agito per interessi economici, non per proteggere i civili, come dimostrano le scelte operative e il disastro attuale", sostiene l'autore.
L'Italia, in particolare, emerge con un ruolo controverso.
Nonostante il Trattato di amicizia con Tripoli del 2009, Roma, anche se inizialmente con un ruolo limitato e dopo essersi opposta, partecipò ai bombardamenti Nato del 2011, spinta dalla necessità di tutelare i suoi interessi in Tripolitania e Cirenaica, dove controlla siti estrattivi e raffinerie.
Cadalanu, che ha seguito la Libia per anni sul campo, intreccia testimonianze dirette, analisi di esperti e dati da fonti aperte (Wikileaks, rapporti Ong) per mostrare come l'Italia "paghi un prezzo alto in credibilità". Sul tema migratorio, ad esempio, il legame con Tripoli si rivela "un'arma a doppio taglio", dice sostenendo che "l'Italia oscilla tra proclami umanitari e compromessi con realtà locali spesso brutali".
Il libro dedica spazio anche alla manipolazione dell'informazione. Cadalanu racconta episodi vissuti in prima persona, come i tentativi di disinformazione cui ha resistito, pur ammettendo che anche lui, come la stampa globale, potrebbe essere stato ingannato. La fretta di diffondere notizie ha lasciato spazio a falsità, alimentando il caos. Inoltre, l'autore esplora il peso degli equilibri di potere: ogni attore - da Parigi a Mosca - ha usato la Libia come scacchiere geopolitico, ignorando le conseguenze per la popolazione.
Il volume fra l'altro denuncia l'ipocrisia globale: nessuno, dall'Occidente all'Isis, ha mai avuto a cuore il popolo libico.
"Sotto la sabbia" ci "sono solo risorse e giochi di potere", dice Cadalanu, la cui carriera - da Beirut a Kabul, passando per Sri Lanka, Balcani e la Germania degli anni Novanta - gli ha dato gli strumenti per vedere oltre la propaganda. La Libia resta divisa in fazioni, un puzzle irrisolto dove gli interessi stranieri prevalgono su ogni speranza di stabilità. Per l'autore, "solo un approccio meno isterico all'immigrazione potrebbe spezzare il ciclo di sfruttamento e criminalità che strangola il Paese, ma il futuro resta opaco come il petrolio greggio", avverte. (ANSAmed).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA