Cosa spinge una mamma che ha perso
un figlio in un agguato della criminalità organizzata ad
imbracciare la croce e a portare nel mondo la memoria del figlio
contro tutto e tutti, esponendosi e rischiando, quando potrebbe
chiudersi nel proprio dolore? Se lo chiede implicitamente il
giornalista-scrittore Raffaele Sardo nel suo ultimo libro su don
Peppe Diana, il sacerdote ucciso dal clan dei Casalesi il 19
marzo di 30 anni fa. E la risposta a questo quesito universale è
nel titolo del volume: "Per Rabbia e per Amore". È questo mix di
sentimenti interiori - amore sconfinato di una madre prima di
tutto - che spinge Iolanda Di Tella, la madre di don Peppe, a
lottare per salvaguardare la memoria del figlio giustiziato
dalla malavita e vilipeso dalla voci ingiuriose finite anche
sulla stampa, e a trasformare un dolore quasi innaturale in
forza; allo stesso modo in cui mamma Felicia, la madre di
Peppino Impastato, lotta per far conoscere a tutti la verità
sulla morte del figlio, che gridava a tutti in radio quanto
fosse negativa la mafia, cui il papà apparteneva. Le due madri,
entrambe decedute qualche anno fa, si incontrano in Paradiso,
dove si riuniscono con i propri figli - mamma Iolanda anche con
papà Gennaro, padre di don Peppe - e possono raccontarsi, questa
volta senza angoscia, ma con la consapevolezza di chi sa di aver
fatto il proprio dovere, quello che è stato perdere un figlio e
quello che è stato lottare per salvaguardare la memoria. Ed è
attraverso i dolorosi ricordi e le parole delle due
madri-coraggio che Sardo, da giornalista e attivista del
Comitato don Peppe Diana da sempre presente sul territorio,
ripercorre la parabola di vita di don Peppe, il prima e il dopo
il delitto, che ha fatto da spartiacque alla storia di Casal di
Principe e del Casertano. Prima del 19 marzo 1994 c'era il Don
Diana che si era fatto prete per amore di Dio e del suo popolo;
che si immagina votato al martirio per salvare la sua gente
dalla camorra, come emerge dal suo profilo vocazionale, in cui,
si legge nel libro di Sardo, don Peppe sceglie un passo del
Vangelo di Giovanni: "se il seme del frumento non finisce sotto
terra e non muore non porta frutto, se muore invece porta molto
frutto". Dopo il quel 19 marzo di 30 anni fa, c'è invece il
messaggio di vita e speranza di don Peppe contro la prepotenza
dei clan, portato nel mondo tra mille difficoltà dagli scout di
cui faceva parte, tra cui si erge la figura di Valerio Taglione,
fondatore del Comitato don Diana e poi morto troppo presto nel
2020 per una brutta malattia; anche lui, nel paradiso immagino
da Sardo, trova il suo posto accanto a don Peppe, suo maestro di
vita. E c'è il dolore di mamma Iolanda, che "tira fuori gli
artigli come solo una madre sa fare" scrive l'autore, e che dà
forza e universalità al messaggio del figlio. E proprio la
rabbia e l'amore di mamma Iolanda diventano le "armi", fatte
proprie da tante persone di buona volontà, che negli anni hanno
portato alla sconfitta del clan dei Casalesi. Nel libro non
vengono lesinate, sempre attraverso le parole di mamma Iolanda,
critiche alla Chiesa per non aver preso subito posizione a
favore di don Peppe, e ancora oggi per non riuscire ad ultimare
la causa di beatificazione del prete; chissà se l'aver
recuperato la dimensione religiosa di don Peppe, che come scrive
Sardo vedeva il suo servizio per i più deboli e oppressi, possa
servire proprio ad accelerare questo processo. Il volume si
chiude con un implicito invito a tutti a guardare il cielo,
"dove due stelle brillano più delle altre: sono le stelle di
Felicia e Iolanda, che per rabbia e amore hanno difeso la
memoria dei loro figli".
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