- "Sono qui perché ho fatto 'Il Padrino': per un attore è come vincere la lotteria". Questo, a 50 anni di distanza, è quel che pensa Al Pacino, il Michael Corleone di Francis Ford Coppola, mentre si avvicina l'anniversario dal debutto del film nelle sale mezzo secolo fa. L'81enne attore ha confidato al 'New York Times' le gioie e i dolori che gli ha provocato quella parte. Coppola aveva deciso fin dall'inizio, dopo averlo visto a Broadway, che sarebbe stato lui il principe ereditario della famiglia di mafia guidata da Don Vito Corleone (Marlon Brando) e si batté fino all'ultimo con la Paramount che non ne voleva sapere. Pacino aveva all'epoca recitato in teatro, ma in un film soltanto: "E' difficile spiegare nel mondo di oggi chi ero allora e l'effetto fulmine che fu per me. Fu come se all'improvviso venisse sollevato un velo e io fossi finito sotto gli occhi di tutti. Ovviamente c'erano altri nel film, ma 'Il Padrino' mi diede una nuova identità con cui fu difficile fare i conti". Al Pacino fu candidato agli Oscar come migliore attore non protagonista, ma quella volta non andò alla cerimonia: "In quella fase della vita ero abbastanza ribelle. Altri facevano cosi'. Non credo che De Niro sia andato, o George C. Scott, o Marlon, che addirittura diede indietro la sua statuetta. Si ribellavano a Hollywood". Nel caso di Pacino fu anche disagio: "Avevo paura di andare. Ero giovane, anche più giovane della mia età. Poi c'entravano le droghe, penso che abbiano avuto molto a che fare con la situazione".
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