(di Lucia Magi)
Quella di domani per Cynthia
Sleiter non sarà la prima notte degli Oscar. La set decorator
italiana è nominata insieme alla scenografa Suzie Davies per il
lavoro svolto su Conclave, il thriller sull'elezione pontificia
con Ralph Fiennes girato tra Roma, Cinecittà e Reggia di
Caserta. "È la mia prima candidatura, ma ero già venuta come
ospite perché ero assistente dell'arredatore per L'Ultimo
Imperatore", racconta all'ANSA Sleiter, che è nata a Edimburgo,
ma a 6 anni si è trasferita a Roma, dove è cresciuta, ha
studiato all'Accademia di Belle Arti e ha mosso i primi passi
nel cinema. È all'Istituto Italiano di Cultura per ricevere
l'Excellence Award assegnato dal festival Los Angeles, Italia,
dedicato ai talenti nostrani del cinema.
Agli Oscar del 1988, il kolossal di Bernardo Bertolucci vinse
tutto. Miglior film, regia, sceneggiatura, fotografia (a
Vittorio Storaro), costumi, montaggio, suono, colonna sonora e
scenografia. Nella squadra di Ferdinando Scarfiotti, Bruno
Cesari e Osvaldo Desideri che alzarono la statuetta, c'era anche
lei, appena 30enne. "Spero che la storia si ripeta", si augura
ora che di anni ne ha 66 e una carriera a fianco di registi come
Bertolucci, Ridley Scott, Steven Soderbergh, Martin Scorsese e
Woody Allen.
"La sfida di questo film è stata ricostruire la Cappella
Sistina in 10 settimane. Non ce l'avrei fatta senza una squadra
di pittrici bravissime. Poi abbiamo dovuto farla esplodere.
Abbiamo prima fatto le prove, per capire quanto violenta doveva
essere la detonazione, quanti detriti dovevano cadere a terra e
come. Durante le riprese, abbiamo dedicato alla scena una
giornata intera, con quattro take, ogni volta ripulendo e
ricostruendo tutto daccapo", ricorda.
Mentre la cappella affrescata dei Musei Vaticani è molto
conosciuta, i locali della Casa Santa Marta che accoglie i
cardinali durante i conclavi sono un luogo quasi mai visto.
"L'abbiamo ricostruita da zero, nello stesso teatro di Cinecittà
che ospitava la Sistina. Volevamo per il convento un tocco alla
Shining, con un lungo corridoio e stanze segrete. Ho cercato
telefoni, sveglie e abat jour. Abbiamo montato le tapparelle a
cui avevamo allargato i fori uno a uno perché il regista voleva
che filtrasse più luce, quando si abbassavano", spiega
l'arredatrice muovendo le mani. "E ora siamo qui", si guarda
attorno mentre le telecamere la aspettano per le interviste.
Per domenica è tutto pronto: un vestito fucsia di Pucci e
anche un discorso: "Salirei sul palco a ritirare la statuetta,
ma sarebbe Suzie a parlare. Quando abbiamo vinto il Bafta a
Londra, aveva scritto un breve ringraziamento. Ce l'ha nel
cellulare, quindi siamo a posto", fa un mezzo sospiro di
sollievo. Il nervosismo si fa sentire. "È un po' come la notte
prima degli esami - sorride ammiccando al figlio 18enne che la
accompagna -. Appena torniamo a Roma si dovrà mettere sotto per
la maturità. Nel mio caso, invece, il peggio è passato. La parte
dura e stressante del lavoro è finita. Il resto è tutto
divertimento".
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