"Come faccio io, totalmente
immobile, a bere, a mangiare, ad assumere farmaci nelle 24 ore,
poiché necessito di antiepilettici anche la notte? Chi mi
schiaccia la pancia fino a frullarla per riuscire ad espletare i
bisogni fisiologici? Chi mi lava? Chi mi cambia i presidi per
l'incontinenza? Chi si spezza la schiena per riuscire a piegarmi
anche solo una gamba o per mettermi a letto o a sistemarmi sulla
carrozzina? Chi mi accende il computer per poter accendere i
comandi vocali indispensabili per lavorare? Evidentemente io
sono qui 'a pettinare le bambole', citando Bersani". Sono le
domande che pone Martina Oppelli la donna tetraplegica e affetta
da sclerosi multipla che combatte per ottenere il suicidio
assistito.
Martina è intervenuta dopo la sentenza del Tribunale di
Trieste di ieri.
"Avendo una invalidità certificata del 100 per cento con
gravità riconosciuta ai sensi della legge 104, mi chiedo dunque
se le commissioni esaminatrici non si siano sbagliate", prosegue
Martina, attraverso una nota diffusa dalla Coscioni.
Per l'avv. Filomena Gallo, "il difensore di Asugi, in udienza
lo scorso gennaio, ha evidenziato che la sentenza 135/2024 della
Consulta, essendo di rigetto, non è vincolante per i medici che
hanno eseguito le nuove verifiche della condizione di Martina.
E' per questo che martedì scorso - prosegue Gallo - all'udienza
in Corte costituzionale sul caso di Elena e Romano, abbiamo
chiesto anche di ribadire l'interpretazione del concetto di
trattamento di sostegno vitale ai fini dell' accesso al suicidio
assistito con una sentenza di accoglimento, che possa vincolare
aziende sanitarie e tribunali al suo rispetto e nel caso al
rispetto della scelta di Martina".
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