Il miglioramento riscontrato ad oggi nel quadro clinico di Papa Francesco, sulla base delle notizie rese note, é "un segnale molto positivo: auspicando una piena ripresa del Pontefice, va tuttavia considerato che esiste un alto rischio di recidiva della polmonite, nel 15-20% dei casi, nel mese successivo alla risoluzione della patologia in atto. L'attenzione deve dunque essere massima". A spiegarlo all'ANSA è Francesco Blasi, ordinario di Malattie respiratorie all'Università di Milano e primario della Struttura complessa di Pneumologia e fibrosi cistica al Policlinico milanese.
La ripresa delle attività per il Pontefice, sottolinea, "dovrà dunque essere molto graduale e nell'immediato sarebbero da sconsigliare viaggi e attività all'esterno".
"La polmonite, anche bilaterale con l'interessamento di entrambi i polmoni - chiarisce l'esperto - se guarisce in modo ottimale, è una patologia che non dovrebbe lasciare conseguenze importanti. Bisogna tuttavia vedere come si evolverà la malattia e quanto le patologie croniche a carico dei polmoni, da cui il Papa è affetto, possono essersi aggravate a seguito di questo episodio di polmonite bilaterale. Il Papa, secondo quanto noto, sarebbe infatti affetto da bronchite cronica e bronchiectasie, ovvero una dilatazione permanente delle vie aree che rappresenta una alterazione dei bronchi e che può favorire l'insorgenza di infezioni. La polmonite bilaterale che lo ha colpito potrebbe peggiorare queste condizioni preesistenti". Molto però dipende, sottolinea, "dal grado di ripresa che il Pontefice potrà avere e da quanto è stato rilevante il coinvolgimento dei polmoni".
Ad ogni modo, secondo lo specialista, anche dopo l'auspicato superamento della patologia polmonare in atto, la ripresa delle attività per il Pontefice è necessario che avvenga in modo molto graduale e cauto: "Nel 15-20% dei casi, infatti, le polmoniti possono recidivare nel mese successivo la dimissione ospedaliera. Nell'arco dei 30 giorni post dimissioni, dunque, dovrà essere massima l'attenzione per evitare l'esposizione a fattori di rischio. Questo perché, dopo una polmonite, sussiste un periodo in cui la risposta immunitaria al livello delle vie aree viene ridotta dall'infezione stessa, e nell'arco di tale periodo il rischio di nuove infezioni è molto alto". Certamente, osserva, "nell'immediato sono da sconsigliare viaggi, attività faticose ed esposizioni all'esterno".
Al momento, comunque, i segnali di risposta alle terapie antibiotiche sembrano essere positivi: "la risposta agli antibiotici si manifesta di solito a 3-5 giorni dall'inizio della terapia. Attualmente ci troviamo in questa finestra temporale e dunque le prossime 24-48 ore saranno fondamentali per valutare la risposta ai farmaci utilizzati.
La prospettiva, sulla base dei dati monitorati finora, è che una risposta positiva ci sia, ma la risposta iniziale va ovviamente consolidata". Successivamente, conclude lo pneumologo, "la terapia andrà continuata a seconda della risposta organica generale e del tipo di batteri coinvolti. La terapia antibiotica contro la polmonite ha in media una durata di 7-10 giorni, ma i tempi possono variare e può protrarsi anche più a lungo fino alla risoluzione del processo infettivo".
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