"Come succede sempre in queste situazioni, più si prolunga lo stato acuto è più l'organismo si debilita ulteriormente. Si cammina su un crinale". A spiegarlo è Stefano Nardini, ex presidente della società italiana di pneumologia che analizza quale potrebbe essere il percorso per un paziente che si trova in condizioni come quelle del Papa dopo le ultime crisi respiratorie.
"L'immobilità e la ventilazione è debilitante per i muscoli respiratori - ha spiegato - e le vie respiratorie si seccano rendendo difficile l'espulsione dei muchi". Per questo motivo è poi necessario procedere con broncoscopia che permette di aspirare "le abbondanti secrezioni" che rendevano difficile il respiro del Papa.
"Le crisi respiratorie acute fanno pensare che il Papa soffra di una pneumopatia di fondo, ossia di una condizione nella quale sono danneggiate strutture fondamentali dei polmoni, anche se il rischio di antibioticoresistenza è molto alto ed è accresciuto anche dai lunghi tempi di degenza" afferma, invece, Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive e tropicali, rispondendo a una domanda sulle condizioni di Papa Francesco a margine della presentazione del rapporto Aifa 2025 sugli antibiotici.
"Stiamo parlando di una persona che è per età, un 88enne, per comorbosità, con insufficienza respiratoria e un quadro di pneumopatia cronica, addirittura una parte di un polmone non c'è più, è un paziente estremamente fragile", osserva. "Non a caso ha una polmonite polimicrobica, che non è la regola perché normalmente le polmoniti sono dovute a un germe. Lo stesso esordio lascia intendere che siamo di fronte a un paziente molto fragile. Oltretutto cortisonizzato, e sappiamo che il cortisone è un ottimo farmaco ma crea immunodepressione".
Se ci fosse un problema di antibioticoresistenza "i test diagnostici lo dimostrerebbero e anche quella che è l'evoluzione clinica sarebbe comunque a dimostrazione di un'eventuale mancata risposta alla terapia. Però - prosegue l'esperto - qui abbiamo delle riacutizzazioni improvvise che si risolvono e lasciano intendere che, più che un problema di antibioticoresistenza, c'è un problema di condizione di pneumopatia di fondo. Per un paziente che ha una bronchite asmatiforme, una delle sue complicanze è proprio di avere delle crisi di insufficienza respiratoria legata alla sua patologia di base".
Andreoni osserva inoltre che in un paziente fragile "il rischio di antibioticoresistenza è molto alto" perché un paziente molto fragile con una pnemopatia cronica "fa spesso uso di antibiotici in quanto ha spesso delle riacutizzazioni della bronchite. Quindi è a rischio di avere già dei germi resistenti".
Inoltre, osserva Andreoni, "una condizione clinica che tende a non risolversi, e quindi il perdurare di una terapia, evidentemente è un ulteriore elemento che aggrava il rischio di antibioticoresistenza. Oltretutto il perdurare del ricovero ospedaliero è uno dei fattori principali dell'acquisizione di antibioticoresistenza. Questo - conclude - non toglie il fatto che certamente, come per tutti gli altri pazienti, il Papa sarà trattato nel migliore dei modi per cercare di ridurre al massimo il rischio di acquisire germi multiresistenti".
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