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E' possibile stampare tessuti in 3D direttamente nel corpo umano

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E' possibile stampare tessuti in 3D direttamente nel corpo umano

Con una tecnica che utilizza gli ultrasuoni. I test sui topi

13 maggio 2025, 07:30

di Leonardo De Cosmo

ANSACheck
Esempi di strutture in idrogel stampate direttamente nell 'organismo utilizzando gli ultrasuoni (fonte Elham Davoodi e Wei Gao/Caltech) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Esempi di strutture in idrogel stampate direttamente nell 'organismo utilizzando gli ultrasuoni (fonte Elham Davoodi e Wei Gao/Caltech) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Diventa possibile stampare tessuti in 3D direttamente nel corpo umano: è possibile farlo grazie a un’innovativa tecnica che sfrutta gli ultrasuoni e che è stata sperimentata con successo nei topi.  Pubblicato sulla rivista Science, il risultato si deve alla ricerca coordinata da Ehsan Davoodi, del California Institute of Technology (Caltech) e apre nuove prospettive per la medicina del futuro.

La stampa 3D ha avuto un importante impatto in alcuni settori della chirurgia perché permette di costruire impianti su misura, come una protesi oppure parti di tessuto da impiantare, ma era finora limitata dalla necessità di dover stampare il materiale all’esterno del corpo.
Da anni si cercava il modo per produrre impianti direttamente nel corpo, per esempio durante un intervento chirurgico, usando materiali biocompatibili e morbidi, come gel, che possano essere modellati a piacere e poi resi rigidi. L’ostacolo principale era la necessità di usare luce ultravioletta (simile alla tecnica usata dai dentisti per le otturazioni) per far solidificare i materiali utilizzati nella stampa 3D.

I ricercatori californiani hanno invece ora sviluppato una nuova tecnica di stampa 3D che utilizza  gli ultrasuoni per far solidificare i gel usati dal chirurgo per costruire un impianto. Questo permette di realizzare strutture complesse all'interno di tessuti spessi fino a 4 centimetri, con una risoluzione di 150 micrometri.

Le strutture possono essere poi cristallizzate usando una sorta di ecografo dall’esterno. Lo stesso metodo è stato testato nei topi anche per impiantare sacche gelatinose capaci di rilasciare farmaci, ad esempio chemioterapici, su comando e in modo localizzato o per creare elettrodi per monitorare l'attività elettrica dei tessuti. 

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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