Tra applausi di cortesia e
paillettes calmierate (anche se l'eleganza non è mancata),
Bologna e il suo Teatro Comunale hanno consumato ieri sera il
rito dell'apertura della stagione d'opera, in una sala esaurita
e tanti ospiti locali. Il titolo, 'La fanciulla del West', è
ancora una volta inconsueto (quasi una tradizione sotto le Due
Torri) e mai è entrato davvero nel cuore dei melomani,
nonostante il nome del suo autore sia quello di Giacomo Puccini,
uno dei compositori più amati ed eseguiti al mondo. E a niente è
valso averne affidato la realizzazione all'esperienza di un trio
di fuoriclasse come il direttore Riccardo Frizza, il regista
Paul Curran e il soprano Carmen Giannattasio, tutti però al
debutto in quest'opera, da sempre poco rappresentata.
Un lavoro (nato nel 1910 per il Metropolitan di New York,
protagonisti Caruso e Toscanini) nel quale Puccini si muove su
un doppio binario, abbandonando da una parte, e definitivamente,
quel che era rimasto del verismo, e aprendosi dall'altra alle
sperimentazioni del neonato espressionismo europeo (Debussy, ma
non solo), che poi diverranno evidenti nel Trittico e,
soprattutto, in Turandot. Del resto, l'autore dell'ultima messa
in scena bolognese di Fanciulla nel 1989, il compositore e
regista Sylvano Bussotti, amava ripetere di aver "imparato
Puccini attraverso lo studio delle partiture di Schoenberg",
compositore caro a Puccini.
Il Comunale Nouveau, luogo dove da due anni la Fondazione
bolognese realizza le sue stagioni d'opera per permettere la
ristrutturazione della sede storica di piazza Verdi, ha ospitato
un nuovo allestimento abbastanza "western" e in cinemascope, ma
tutto sommato di stampo tradizionale: dopo l'ambiente rustico
della locanda dei minatori e la casetta lignea di Minnie, il
terzo atto trasforma la foresta in una struttura avveniristica
che rimanda e a tratti ricorda la Bologna turrita. In questi
ambienti, Curran ha fatto muovere i protagonisti, i tantissimi
comprimari e il coro con ordine e senza particolari scompensi.
Riccardo Frizza, celebre donizettiano, ha affrontato la sua
prima Fanciulla del West in crescendo raggiungendo l'apoteosi
nel secondo atto, quello in cui Minnie non esita a "barare" a
poker pur di salvare la vita all'uomo che ama, il bandito
redento Johnson.
E' qui che Puccini raggiunge uno dei punti più alti
nell'orchestrazione, e Frizza ne sottolinea giustamente la
tensione drammatica. Carmen Giannattasio è interprete di razza,
disegna una Minnie (prima femminista all'opera!) volitiva,
musicalissima, ma ancora distante da quella Tosca, suo cavallo
di battaglia, della quale un anno fa fu magnifica interprete,
proprio a Bologna. Uno dei tenori più in forma di questi ultimi
tempi, Angelo Villari è stato un bandito dall'indubbia capacità
espressiva, interprete sensibile di una splendida "Ch'ella mi
creda libero...", l'unica vera aria di Fanciulla che però arriva
solo a metà del terzo atto, quando la vicenda volge al termine.
Una certezza il cattivissimo sceriffo del baritono Claudio
Sgura. Interpreti eccellenti, assieme al foltissimo gruppo di
comprimari, che hanno dato il giusto risalto a quanto richiesto
da Puccini, anche grazie alla prova straordinaria del coro
(preparato da Gea Garatti) e dell'orchestra, la vera
protagonista dell'opera.
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