Alle Giornate del Cinema Muto di
Pordenone sarà presentato in prima mondiale martedì 10 ottobre
(ore 14.30) al Teatro Verdi, Amazonas, maior rio do mundo, il
primo lungometraggio girato in Amazzonia, un documento che già
nel 1918 metteva in evidenza l'enorme ricchezza naturalistica e
le risorse di quest'area che si estende per quasi sette milioni
di chilometri quadrati.
La storia di questo film è di per sé un'avventura. A lungo
considerato perduto, è stato ritrovato nei primi mesi di
quest'anno al Národní filmovì archive, la Cineteca di Praga.
"Dopo una visita in quell'archivio - racconta il direttore delle
Giornate del Cinema Muto Jay Weissberg - i curatori mi hanno
inviato il link per visionare un film che era stato catalogato
come Wonders of the Amazon [Meraviglie dell'Amazzonia], una
produzione americana del 1925. Appena ho iniziato la visione mi
sono reso conto che il film risaliva ad anni precedenti e che
non poteva essere una produzione americana. Dopo qualche ricerca
ho avuto la netta sensazione che si trattasse dell'opera
leggendaria di Silvino Santos".
Santos era un portoghese che si era trasferito sin da giovane
in Brasile ed è stato uno dei pionieri del cinema brasiliano. Lo
studioso di Belém Sávio Stoco gli aveva dedicato la tesi e,
contattato da Weissberg, confermò che si trattava proprio del
film di Santos, rivelandone anche le travagliate vicissitudini.
Il negativo era stato trafugato e portato in Europa dal socio
del regista il quale, attribuendosi la paternità del
documentario e cambiandone il titolo, aveva stipulato
all'insaputa dell'autore accordi per commercializzarlo nel
vecchio continente, dove fu proiettato a partire dal 1921. Nel
1925 arrivò anche in Cecoslovacchia ma dal 1931 se ne persero le
tracce.
Ora il film è tornato alla luce. Se indubbiamente Amazonas,
maior rio do mundo ha bellissime immagini del fiume, delle città
di Belém e di Manaus e del popolo Huitoto (a cui appartengono,
fra l'altro, i quattro bambini sopravvissuti da soli nella
giungla, di cui qualche mese fa ha parlato tutto il mondo), allo
stesso tempo sottolinea le enormi potenzialità di sfruttamento
industriale, configurando un futuro che oggi si presenta
drammatico.
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