"Prima di finire dentro lo ammazzo
quel pezzo di merda tossico del cazzo". Pietro Monteleone, uno
dei tre genovesi arrestati perché ritenuti responsabili del
pestaggio di due clochard nella stazione di Quinto avvenuto la
notte del 17 giugno, non sa di essere intercettato ma, parlando
al telefono con la madre, afferma di aver fatto "casino" a volto
scoperto e sotto una telecamera e ha paura di "finire a
Marassi", il carcere cittadino. Le intercettazioni sono
contenute nell'ordinanza del gip che dispone i domiciliari per
Monteleone, Manuel Ballotta e Luca Crosa accusati di aver
compiuto quel pestaggio.
La rabbia di Monteleone verso quel "tossico" che "non ha
nemmeno il coraggio di dire perché è stato pestato" non si
placa. Il motivo dell'aggressione è quello che il gip,
nell'ordinanza di custodia cautelare che dispone gli arresti
domiciliari per i tre definisce come un "comportamento
moralmente riprovevole" tenuto da uno dei due clochard, che il
pomeriggio precedente l'agguato si era iniettato una dose di
eroina a pochi passi dai bambini che giocavano nei giardinetti.
In quell'occasione sono Monteleone (che gestisce un chiosco
bar) e Ballotta, proprietario dei 'gonfiabili' nella stessa
zona, a litigare con uno degli homeless, Davide N.. Per questo
sarebbero stati loro, secondo l'accusa, a ideare e organizzare
la vendetta. Infatti quella notte, intorno all'una e trenta,
vale a dire un'ora prima dell'aggressione, le telecamere di
sorveglianza della stazione registrano un primo 'passaggio' di
tre persone. Un sopralluogo cui partecipano Monteleone, Ballotta
e un terza persona che è stata identificata dagli investigatori
della squadra mobile come un amico dei primi due. Una volta
verificato che i due senza tetto sono effettivamente nella sala
d'attesa del binario 2 entrano in azione, portandosi dietro un
altro amico, Luca Crosa. Crosa entra in stazione con in mano un
oggetto simile a una catena di circa 50 cm e, per "evitare gli
schizzi di sangue", si mette in testa un sacchetto di cellophane
come confermato da una delle vittime e da un testimone, che
dalla finestra vedrà il terzetto uscire dalla stazione. In base
alla ricostruzione degli investigatori il primo a entrare è
Monteleone, seguito a breve distanza da Crosa, mentre Ballotta
non passa dall'ingresso: scavalca un cancello ed arriva
direttamente sui binari. Poi inizia il pestaggio a cui, in base
a quanto emerso finora dalle indagini, avrebbero partecipato
attivamente Monteleone e Crosa, mentre Ballotta urlava e
insultava i due clochard.
In un'altra intercettazione Ballotta, parlando con un amico,
dice che se fosse riuscito a "passarla" sarebbe andato in
Olanda. E la moglie, sempre al telefono, gli dice che le scarpe
che ha lavato "sono rimaste macchiate di sangue". Sono proprio
le parole che gli indagati dicono dopo l'aggressione che denota
l'"assoluta assenza di sentimenti di resipiscenza" e che
convincono il gip a mettere i tre ai domiciliari per il rischio
di reiterazione del reato.
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