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Crollo Torre piloti: mamma Tusa, 'E' un processo farsa'

Crollo Torre piloti

Crollo Torre piloti: mamma Tusa, 'E' un processo farsa'

'Pronta a ricorrere anche alla Corte europea'

GENOVA, 19 febbraio 2016, 17:52

Redazione ANSA

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"E' un processo farsa. Forse hanno fatto bene i parenti di altre vittime ad accettare il risarcimento". Lo ha detto al termine della prima udienza del processo per il crollo della Torre Piloti del porto di Genova la mamma di Giuseppe Tusa, una delle nove vittime. Adele Tusa tiene stretta al cuore la foto del figlio: è affranta ma determinata.
    E' lei che con un esposto in Procura ha chiesto di indagare anche sul posizionamento della Torre piloti e su eventuali responsabilità di chi ne autorizzò la costruzione in quel punto.
    E ora per questa inchiesta bis sono indagati due ingegneri per omicidio colposo. "All'epoca – è lo sfogo di Adele Tusa - la Procura sostenne che la Torre era un fattore irrilevante e ininfluente. Ma anni prima aveva subito un altro incidente perché una nave in avaria vi finì contro. Quello doveva essere un campanello d'allarme.
    Era una struttura priva di ogni sicurezza per chi vi lavorava".
    Adele Tusa prosegue: "Bastava una banchina di tre-quattro metri per evitare che la nave urtasse la torre". La mamma di Giuseppe, accompagnata dalla figlia Silvana, è arrivata dalla Sicilia, è quasi rassegnata ma battagliera: "Alla fine le condanne saranno da uno a tre anni per omicidio colposo. Ma io non darò tregua. Voglio giustizia per ogni singola responsabilità. Ho fatto denunce, diffide, querele. Non darò pace perché hanno rovinato un'intera famiglia. Sono anche disposta a rivolgermi alla Corte Europea perché hanno violato un diritto costituzionale: la vita di un uomo non va toccata". Poi ricorda come apprese la notizia. "Fu Silvana ad avvertirmi – racconta – l'aveva appreso dalla tv ma si era limitata a dirmi che Giuseppe era in ospedale perché aveva avuto un incidente.
    Non aveva avuto il coraggio di dirmi la verità. L'appresi in Capitaneria di porto a Genova, dove ci precipitammo. Ho sempre pensato che nel posto dove lavorava Giuseppe fosse in una botte di ferro. Io l'avevo affidato allo Stato che me lo ha restituito in una cassa di legno".
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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