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Omicidio Cella, investigatori 'ex pm non condivise informazioni'

Omicidio Cella, investigatori 'ex pm non condivise informazioni'

Ex dirigente omicidi, frate oppose segreto confessorio

GENOVA, 20 febbraio 2025, 16:41

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Per la prima volta gli investigatori dell'epoca "scaricarono" l'allora pm che coordinò le indagini sull'omicidio di Nada Cella, la segretaria massacrata nel 1996 nello studio del commercialista dove lavorava a Chiavari. E' quanto emerso nel corso degli esami dei testimoni nel processo a carico di Anna Lucia Cecere, l'ex insegnate accusata di essere l'assassina, e di Marco Soracco (il datore di lavoro di Nada) e l'anziana madre Marisa Bacchioni.
    Gli ultimi due, secondo la pm Gabriella Dotto, sapevano chi aveva ucciso la segretaria ma hanno sempre taciuto.
    In aula sono stati sentiti gli investigatori che per primi ricevettero la telefonata di Soracco e che salirono nell'ufficio di via Marsala. "C'era sangue sui muri e sui mobili. Era evidente che c'era stata una aggressione e chiamai il mio dirigente" ha detto l'allora agente delle volanti Luciano Campodonico.
    L'ex dirigente del commissariato di Chiavari Pasquale Zazzaro ha ripercorso le indagini svolte, pur tra tanti non ricordo tanto da essere stato ripreso dal presidente Massimo Cusatti, ed è stato il primo a sottolineare come l'allora pm Filippo Gebbia "non gli parlò delle indagini parallele dei carabinieri".
    "Lo abbiamo saputo - ha spiegato Zazzaro - attraverso il nostro personale che andava in giro che c'era questa pista dei carabinieri. Ho riferito al magistrato e lui ha confermato che c'era questa indagine. Il dottor Gebbia lo sapeva. Ci fu meraviglia, ce lo poteva dire. Nessuno ce lo disse ufficialmente".
    Anche l'ex dirigente della sezione omicidi della squadra mobile Giuseppe Gonan ha sottolineato come fossero all'oscuro dell'indagine dei carabinieri puntando il dito contro il pm: "avrebbe dovuto informarci". Gonan ha anche rivelato come si dovette scontrare contro "il segreto confessionale opposto da frate Lorenzo". Alla polizia era arrivata una informazione su una persona che si era rivolta al frate per "fare da intermediaria su un'altra persona che voleva parlare del delitto". Il dirigente si recò personalmente in convento ma appunto all'inizio non gli volle dire nulla. Che le indagini non sarebbero state semplici si era capito sin dall'inizio: "quando entrai nello studio di Soracco - ha spiegato Gonan - vidi quello che era già un disastro: la scena era completamente alterata dai soccorsi, all'ingresso c'era acqua mescolata a sangue perché la Bacchioni aveva iniziato a pulire".
   

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