La sala del Maggior Consiglio di
Palazzo Ducale ha accolto con il tutto esaurito lo scrittore
statunitense Jonathan Safran Foer, a Genova per ritirare il
premio Primo Levi 2025. Ogni anno, questa è la manifestazione
più importante del Centro culturale Primo Levi, come ha
sottolineato il suo presidente Alberto Rizzerio, salutando la
sala gremita. "È significativo - ha continuato Rizzerio - il
riconoscimento a Jonathan Safran Foer, che lega Primo Levi alle
generazioni attuali. Foer esplora le conseguenze a lungo termine
del dolore, l'ansia e la resilienza, la ricerca di una
riconciliazione. Questo risuona con l'umanesimo profondo di
Levi, la lotta per i diritti umani è una lotta per riconoscere
la dignità per ogni essere vivente, animali compresi, tema con
cui Safran Foer ha allargato lo sguardo della sua scrittura e
della sua ricerca. Foer offre una bussola morale in un mondo
alla deriva. In questo sforzo risiede la speranza per un futuro
meno violento".
"Due settimane fa il mondo ha perso Papa Francesco, che
esprimeva il disagio con grazia, mettendoci in guardia contro
l'indifferenza. A Gaza sono stati uccisi più di 30.000 civili, è
un'emergenza che diventa politica. Dopo un anno e mezzo ci sono
ancora ostaggi israeliani nascosti sotto terra. Ne parliamo
sempre meno. È la prova della nostra indifferenza. In Sudan ci
sono quasi 9 milioni di sfollati. La guerra in Ucraina non fa
più notizia. Ma come diceva Levi, il silenzio non è assenza. È
complicità. 45 milioni di bambini sotto i 5 anni soffrono di
malnutrizione. Corrisponde alla popolazione della Spagna. 11
bambini muoiono di fame ogni minuto. Mi hanno detto che il mio
discorso oggi non deve durare più di mezz'ora. Immaginate che il
vostro posto sia occupato da un bambino, e che alla fine di
questo discorso sia morto. Accade perché a noi, che siamo
privilegiati, va bene così. Tutti gli esseri umani hanno
dignità. Primo Levi aveva capito che l'atrocità non inizia con
la brutalità, ma inizia con l'indifferenza. Non ci ha fornito
dati, ma consistenza. La sua testimonianza non è un capitolo
chiuso, ma una ferita aperta. Il pericolo più grande per il
futuro è che noi non siamo più sufficientemente inorriditi. Ma
essere turbati significa essere vivi"
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