Il vescovo della Diocesi di
Termoli-Larino Mons. Claudio Palumbo in occasione della Santa
Pasqua augura, in un messaggio a fedeli, "il dono pacificatore
della Pasqua affinché sia dato, a tutti e a ciascuno, di
divenire 'costruttori di pace' nelle proprie famiglie, nel mondo
del lavoro e nella società tutta, mentre affido questi voti alla
materna intercessione della Vergine Maria, Madre della Speranza
e Regina della Pace: Ipsa propitia pervenis".
"Alla luce dell'evento pasquale, come singoli, ma prima di
tutto come Chiesa diocesana, impegnata nel cammino sinodale,
assieme a tanti uomini e donne di buona volontà - sottolinea in
una lettera alla comunità - , non possiamo e non vogliamo
rimanere estranei alla storia, agli interrogativi generati da
tutto quanto viviamo ogni giorno. E rianimati dalla potenza
della Pasqua, ci rilanciamo all'abbraccio del Risorto che vive
nei sacramenti della Chiesa, come anche in ogni fratello e
sorella, a cominciare da quanti sono nel dolore e nella
precarietà: sofferenti nel corpo e nello spirito, ammalati,
migranti, vittime di multiformi ingiustizie, di guerre e
disordini che sconvolgono il mondo".
"La Risurrezione del Signore - spiega - rende doveroso il
nostro 'grazie' al Padre, datore di ogni bene, per i tanti
'operatori di misericordia e di pace', che non mancano in ogni
dove, 'icone credibili' e che ne siano consapevoli o meno,
annunciatori autentici del Vangelo di salvezza in mezzo a tanta
diffusa violenza, al terrorismo contagioso, al nuovo disordine
mondiale, alla cultura dello scarto che eleva muri e barriere
verso i deboli e sofferenti, al nichilismo brioso della morte,
cominciando da quella 'decretata' dal primo concepimento fino al
termine naturale della vita e fino ai nostri ricorrenti difetti,
spesse volte, quando non riconosciuti e accettati, fomite di
ogni sorta di esasperata aggressività".
Palumbo ricorda "i martiri odierni, uccisi anch'essi, come
gli antichi, per il solo nome cristiano, e quella di quanti,
umili e semplici, onesti e generosi, sono lampade viventi, se
non addirittura fari che illuminano, di eroica dedizione i
nostri giorni".
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