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Pentito mafia non parla, paura per figli

Pentito mafia non parla, paura per figli

Delitto caccia. 'Processo per reticenza meglio di pericolo'

MILANO, 15 marzo 2017, 15:54

Redazione ANSA

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"Meglio un processo per reticenza che mettere in pericolo la vita dei miei figli e dei miei familiari, io non intendo rispondere, vi chiedo scusa e grazie".
    Così Vincenzo Tornatore, pentito del clan mafioso dei 'catanesi' e che doveva essere sentito oggi come testimone nel processo milanese a Rocco Schirripa, imputato come esecutore materiale dell'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia del 1983, ha deciso di non parlare davanti ai giudici, anche se poco più di tre mesi fa, invece, aveva reso dichiarazioni davanti agli investigatori.
    Al presidente della Corte d'Assise di Milano, Ilio Mannucci Pacini, che gli ha fatto presente che lui da teste 'semplice', perché non coinvolto nei fatti del processo, non poteva avvalersi della facoltà di non rispondere, Tornatore, in videoconferenza da un luogo segreto, ha risposto: "I miei figli hanno solo me". E il giudice: "Cos'è cambiato, però, da quando ha reso le dichiarazioni a dicembre?". Il pentito: "Non voglio mettere in pericolo nessuno".
   

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