"Un'anomalia". Così l'avvocato
Roberto Lamacchia ha commentato la linea seguita dalla procura
di Torino nel maxi processo, ripreso oggi in tribunale, a 28
attivisti e simpatizzanti del centro sociale Askatasuna. Il
legale è intervenuto in aula in difesa di alcuni degli imputati.
"Abbiamo preso atto - ha dichiarato al termine della sua arringa
- che si è proceduto per associazione per delinquere per poi
scoprire che la pubblica accusa ha considerato più grave il
reato di violenza a pubblico ufficiale per episodi singoli. Ci
siamo chiesti che senso avesse. Di sicuro è una anomalia". I pm
Manuela Pedrotta ed Emilio Gatti, nelle udienze precedenti,
avevano chiesto condanne per un totale di 88 anni di carcere,
mentre le parti civili (tra cui la Presidenza del Consiglio)
hanno chiesto risarcimenti che superano i sette milioni di euro.
Un altro avvocato difensore, Valentina Colletta, ha
contestato la lettura data da inquirenti e investigatori della
Digos a una serie di aspetti specifici. "E' stato detto che il
coro "uno, due, tre ... a sarà dura" (in dialetto piemontese -
ndr) è il segnale di apertura delle azioni violente contro la
polizia. Non è così. E' un semplice slogan inventato molti anni
fa da Alberto Perino, e in Valle di Susa lo si ripete sempre, ad
ogni manifestazione No Tav". Il riferimento è al leader storico
del movimento che si oppone alla nuova ferrovia ad alta velocità
Torino-Lione, morto nel 2024 a 78 anni.
L'avvocato Colletta ha poi parlato delle "battiture" contro i
cancelli dei cantieri del Tav. "Non si tratta - ha spiegato - di
iniziative funzionali agli attacchi alle forze dell'ordine.
'Battitura' è la traduzione di una parola coniata in Argentina,
il 'cacerolazo', che indica una manifestazione di protesta
rumorosa ma pacifica. Certo, il fragore può essere fastidioso.
Ma di sicuro non si può parlare di violenza".
"La pubblica accusa - ha aggiunto Colletta - sostiene che
all'interno di Askatasuna si sia formato un sottogruppo di
persone che hanno trasformato il centro sociale in una base
operativa per le azioni violente. Dal processo non è emerso
niente del genere". Respinta anche la tesi secondo cui gli
attivisti sono riusciti a condizionare gli organi di
informazione: "Basta guardare le rassegne stampa: Askatasuna non
ha mai goduto della benevolenza dei media".
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