(di Paolo Melchiorre)
Ha tutte le caratteristiche per
diventare il più grande maxi-processo italiano in tema
ambientale: almeno sei anni di indagini, 47 imputati, un
migliaio di parti civili, più di 100 avvocati e soprattutto
un'intera città e alcuni paesi limitrofi che aspettano di sapere
se chi ha inquinato per decenni il territorio ionico sarà
condannato insieme a chi avrebbe fatto poco o nulla per
evitarlo, dai dirigenti d'azienda a politici e amministratori.
Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, il più grande
d'Europa, da martedì prossimo tornerà alla ribalta per le sue
vicende giudiziarie, mentre la produzione della fabbrica
continua a stentare e i lavori Aia di adeguamento degli impianti
alle norme di tutela ambientale non procedono certo
speditamente.
Prima udienza comunque a rischio per un difetto di notifica
ad un imputato che, se non dovesse essere superato, potrebbe
portare ad uno slittamento del processo. Sembra lontanissimo
quel 26 luglio 2012 in cui scattarono i primi provvedimenti
cautelari della magistratura tarantina, con il sequestro
dell'area a caldo e l'arresto di una parte dei vertici
aziendali, a cominciare da esponenti della famiglia Riva,
proprietaria della fabbrica. Martedì in 47 (44 persone fisiche e
tre società, vale a dire Ilva spa, Riva Fire, la holding del
gruppo, e Riva Forni Elettrici) saranno alla sbarra, dopo il
rinvio a giudizio disposto il 23 luglio scorso dal gup del
tribunale di Taranto Vilma Gilli al termine dell'udienza
preliminare. Dall'associazione per delinquere finalizzata a vari
reati, tra i quali il disastro ambientale, all'avvelenamento di
acque e sostanze alimentari (motivo per cui il processo si
celebra dinanzi alla Corte di Assise di Taranto presieduta da
Michele Petrangelo, a latere Fulvia Misserini più i sei giudici
popolari), al getto pericoloso di cose, all'omissione di cautele
sui luoghi di lavoro che avrebbero causato, tra gli altri, due
'morti bianche': questi i principali reati contestati dalla
Procura della Repubblica di Taranto, che ha depositato alla
Corte una lista per l'audizione di 179 testimoni e la citazione
di 31 imputati in procedimento connesso.
Della famiglia Riva saranno processati Nicola e Fabio,
quest'ultimo unico detenuto. Non ci sarà il capostipite Emilio,
deceduto il 29 aprile 2014. Tra i politici sotto processo ci
sono l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola,
imputato di concussione aggravata in concorso, il deputato di
Sel Nicola Fratoianni e un consigliere regionale Pd, Donato
Pentassuglia, entrambi accusati di favoreggiamento personale, il
sindaco di Taranto Ippazio Stefano (abuso d'ufficio), l'ex
presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido e l'ex
assessore provinciale all'Ambiente Michele Conserva
(concussione). Alla sbarra anche un folto gruppo di dirigenti
Ilva e del Siderurgico tarantino succedutisi negli anni. Dall'ex
presidente ed ex prefetto di Milano, Bruno Ferrante, ai
direttori di stabilimento, dall'ex responsabile rapporti
istituzionali, Girolamo Archinà, ai 'fiduciari' dei Riva, un
legale Ilva, funzionari ministeriali per l'Aia 2011 e funzionari
regionali. Le tre società rinviate a giudizio rispondono di
illeciti amministrativi. Altri cinque imputati sono stati
giudicati dal gup con rito abbreviato: condannati a tre anni e
quattro mesi l'ex consulente della Procura Roberto Primerano per
falso ideologico e a 10 mesi il sacerdote don Marco Gerardo per
favoreggiamento; assolti invece l'ex assessore regionale
all'Ambiente Lorenzo Nicastro, l'avv. Donato Perrini (entrambi
accusati di favoreggiamento personale) e il carabiniere Giovanni
Bardaro (rivelazione di segreti d'ufficio).
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