Un biomarcatore utile a rilevare e
monitorare la cosiddetta sindrome nefrosica, ovvero la presenza
di proteine nelle urine. Un anticorpo di cui finora non era
stato valutato il ruolo nelle malattie renali. A scoprirlo, è
stato un team di ricercatori internazionale di Amburgo, Bari,
Parigi e Roma. Tra gli autori della ricerca, pubblicata rivista
New England Journal of Medicine, c'è il professor Loreto
Gesualdo del Policlinico di Bari e docente dell'Università di
Bari.
Lo studio ha coinvolto 539 pazienti di età adulta e
pediatrica, con sindrome nefrosica legata a malattie dei reni
come le lesioni minime, la glomerulosclerosi focale segmentale
primaria e la nefropatia membranosa. La sindrome sarebbe causata
da un danno alle cellule che si occupano di filtraggio dei reni
e che permettono di espellere le proteine.
I ricercatori hanno introdotto un nuovo approccio di analisi
attraverso cui hanno scoperto una presenza significativa di
anticorpi antinefrina in pazienti con malattia a lesioni minime
e sindrome nefrosica idiopatica, sottolineando il loro ruolo
come marcatori cruciali dell'attività della malattia.
"I risultati rappresentano un passo avanti significativo
nella comprensione e nel trattamento delle podocitopatie
(malattia glomerulari dei reni) - sottolinea Gesualdo - aprendo
nuove prospettive per migliorare la gestione e la diagnosi di
queste patologie complesse".
Il direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria
Policlinico di Bari, Antonio Sanguedolce, evidenzia "il ruolo
strategico svolto dall'interazione ospedale-università nel
raggiungimento di risultati significativi con ricadute pratiche
sulla gestione diagnostica e terapeutica dei pazienti affetti da
malattie renali".
Per il rettore dell'Università di Bari, Stefano Bronzini "il
lavoro di squadra e le connessioni internazionali premiano e
portano a risultati significativi. Siamo orgogliosi di
annoverare tra gli autori docenti dell'Università di Bari
guidati da Gesualdo, punto di riferimento della ricerca più
avanzata sulle patalogie renali".
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