"Far conoscere alle nuove
generazioni figure come Emanuele, che fu tra la gente e con la
gente, è il modo migliore per prevenire e contrastare chi
soffoca e vanifica la speranza di una società più giusta e più
onesta". Così il professor Vincenzo Basile, fratello del
capitano dei carabinieri Emanuele Basile, tarantino, ucciso
dalla mafia a Monreale, in provincia di Palermo, il 4 maggio del
1980, durante la cerimonia di scopertura della targa in memoria
del militare, insignito della Medaglia d'oro al Valor Civile,
che si è svolta nel liceo Battaglini di Taranto.
Presenti anche Titti Basile, sorella del capitano, la
prefetta Paola Dessì, il comandante provinciale dei carabinieri,
colonnello Antonio Marinucci, il sub-commissario del Comune
Maria Luisa Ruocco.
La notte fra il 3 e il 4 maggio di 45 anni fa, dopo aver
assistito alla festa di paese a Monreale, mentre rientrava in
caserma reggendo in braccio la figlia di soli 4 anni e con
accanto la moglie, Emanuele Basile fu raggiunto alle spalle da
alcuni colpi di pistola esplosi da un commando armato.
Il capitano era stato un fedele collaboratore del giudice
Paolo Borsellino, a cui aveva consegnato prima di essere
trasferito i faldoni che interessavano le più sanguinose e
potenti cosche mafiose. "Il sacrificio di Emanuele - ha
osservato Vincenzo Basile - ha consentito alle nuove generazioni
di riconoscere come negativo il fenomeno mafioso. La lotta alla
mafia rappresenta la porzione più sofferente della storia che ci
appartiene. Emanuele operò per l'affermazione dello Stato e per
dare credibilità alle istituzioni".
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