"Marcello Dell'Utri era l'intermediario tra Cosa nostra e la mafia e dava soldi di Berlusconi ad Antonino Cinà. Tramite mio zio Raffaele Ganci il denaro arrivava a Totò Riina". Lo ha sostenuto, deponendo al processo sulla trattativa Stato mafia, il pentito Antonino Galliano. Il collaboratore di giustizia ha raccontato che ci sarebbero state due fasi nel rapporto tra l'allora imprenditore Silvio Berlusconi e la mafia. Il primo, precedente alla guerra di mafia degli anni Ottanta, in cui tramite Dell'Utri l'ex premier avrebbe pagato i boss per assicurarsi la loro protezione a Milano temendo per sé e la sua famiglia. "Dopo la morte di Bontade - ha aggiunto Galliano - ci fu una stasi e Berlusconi non pagava più, né Dell'Utri riceveva più Cinà. Allora - e da qui decorre la seconda fase - Riina, per far tornare Berlusconi a pagare, tramite i catanesi fece mettere una bomba davanti casa sua. A quel punto lui cercò aiuto tramite Dell'Utri e tornò a pagare". Il pentito ha anche raccontato che il giorno dell'assassinio del giudice Borsellino il boss Raffaele Ganci gli disse: "sentiti il botto", riferendosi all'esplosione dell'autobomba che uccise il magistrato. All'inizio dell'udienza di oggi la Procura ha chiesto l'acquisizione di una lettera del segretario generale del Quirinale Donato Marra, che deporra' domani, al procuratore generale della Cassazione. Nella missiva si accenna alle polemiche della stampa sulle intercettazioni tra l'ex ministro Nicola Mancino, che nel processo sulla trattativa risponde di falsa testimonianza, e l'ex consigliere giuridico del Colle Loris D'Ambrosio deceduto nel 2012.
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