L'operazione della Gdf di Catania
è stata denominata "Brotherhood" (fratellanza). Gli altri
arrestati (oltre a Francesco Rapisarda e Sebastiano Cavallaro ed
Aldo Ercolano) sono Giuseppe Finocchiaro di 38 anni; Adamo
Tiezzi, di 54 e Carmelo Rapisarda, 67 anni, fratello di
Francesco. Gli ultimi due sono stati posti ai domiciliari.
Nell'inchiesta sono indagate altre cinque persone, tra cui due
avvocati, per turbativa d'asta e usura, e un impiegato di banca.
Su richiesta del "sovrano" della loggia massonica Francesco
Rapisarda, si sarebbe usato ogni mezzo per far desistere alcuni
imprenditori dal partecipare a un'asta fallimentare per
l'aggiudicazione di un complesso industriale, già di proprietà
dei fratelli Rapisarda, garantendo così a questi ultimi di
rientrarne in possesso a un prezzo significativamente più basso
(273 mila euro invece che un milione). I Rapisarda, titolari
della Mediterranea Costruzioni Metalmeccaniche, sono accusati di
turbativa d'asta e gli sono stati sequestrati i beni aziendali.
In altre occasioni l'intervento del massone Cavallaro è stato
sollecitato per ottenere, con l'intervento di Aldo Ercolano,
l'aggiudicazione di appalti per lavori pubblici in favore di
imprenditori "fratelli", come nel caso dei lavori dell'ex
mattatoio comunale indetti dal Comune di Santa Maria di Licodia.
Secondo diversi collaboratori di giustizia, Aldo Ercolano
dopo l'arresto del fratello Mario, avvenuto nel 2010, era
diventato il riferimento di tutti i gruppi mafiosi riconducibili
al clan. Aldo Ercolano, 42 anni, sottoposto a sorveglianza
speciale con obbligo di firma, è figlio del defunto Sebastiano e
fratello di Mario, considerato boss indiscusso del clan fino al
suo arresto e oggi detenuto per associazione mafiosa. Il cugino
di Aldo Ercolano, suo omonimo, è stato condannato insieme a
Nitto Santapaola quale mandante dell'omicidio di Pippo Fava.
L'indagine ha accertato diverse estorsioni compiute nei
confronti di titolari di locali di ristorazione, alcune delle
quali effettuate dall'attuale reggente della famiglia con la
collaborazione di Giuseppe Finocchiaro. Accertata anche una
attività di recupero crediti svolta dalla famiglia mafiosa,
dietro compenso, per conto di terzi. Il clan pagava anche lo
"stipendio" agli affiliati detenuti e ai loro familiari, come
faceva Cavallaro con la moglie di Nunzio Zuccaro, condannato a
30 anni quale appartenente alla famiglia Santapaola-Ercolano.
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