"Molti migranti presentavano
disturbi da stress post traumatico che si traducevano in sintomi
fisici e psicologici. Avevano dolori, accessi di rabbia,
atteggiamenti catatonici e di ottundimento. C'erano donne
abusate, alcune incinte e si trattava di gravidanze frutto di
violenze. Era una situazione border line, dove storie
individuali dolorosissime venivano amplificate dalla situazione
ambientale: c'erano promiscuità - le donne e gli uomini erano
separati solo da un lenzuolo,- ambienti stretti, i profughi
appartenevano a nazionalità diverse, c'erano anche dei libici.
Si trattava di una situazione che rischiava di esplodere dove la
stanchezza, lo stillicidio di giorni passati a terra sul ponte,
i traumi subiti, le condizioni del mare erano micce. Da
situazione altamente critica, negli ultimi giorni eravamo
arrivati al punto di non ritorno. C'erano stati tentativi di
suicidio, liti, non c'era più nulla da fare, la percezione era
questa". E' il drammatico racconto di Alessandro Di Benedetto,
psicologo di Emergency che il 13 agosto del 2019 salì a bordo
della nave Open Arms per la prima assistenza psicologica ai
profughi soccorsi dalla ong spagnola.
Di Benedetto sta deponendo al processo per sequestro di persona
e rifiuto di atti d'ufficio in corso a Palermo che vede imputato
l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini. Il leader della Lega,
secondo l'accusa, impedì illegittimamente all'imbarcazione di
far sbarcare i profughi a Lampedusa.
Di Benedetto il 17 agosto firmò la relazione sullo stato
psicologico dei minori a bordo che poi ne determinò l'approdo a
terra.
Quando chiesi l'evacuazione dei minori provai a spiegarlo a chi
restava ma mi dissero: 'abbiamo tutti gli stessi problemi'.
Insomma questa decisione non fu ben accolta", spiega.
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