Un lungo cammino, troppi decenni
e un capitolo ancora aperto. A 55 anni dal sisma che nel 1968
colpì la Valle del Belìce si commemorano i morti e si parla
ancora di ricostruzione: "Ma lo Stato ha cancellato dal suo
bilancio anche il capitolo di spesa attraverso cui passavano i
finanziamenti per la ricostruzione. Il tempo, inesorabile lento
guaritore, ha chiuso il problema, senza tuttavia averlo
risolto". Vito Bonanno, già sindaco per dieci anni a Gibellina,
conosce bene ciò che è successo nel Belìce. Da coordinatore dei
sindaci, prima che Nicola Catania prendesse il testimone,
Bonanno ha seguito le vicissitudini di una lunga ricostruzione:
"Solo nel 1996 il Parlamento riconobbe gli enormi danni causati
da ritardi e carenza di adeguate risorse finanziarie - racconta
Bonanno - ma il 'debito morale' dello Stato verso queste terre e
questa gente benché riconosciuto, non è stato mai onorato".
Nella Valle del Belìce quella che si è fatta forte è stata la
voce dei sindaci nei decenni: "Tra il 2006 e il 2009 è stato
l'impegno dei primi cittadini a riportare l'attenzione dello
Stato sulle esigenze di giustizia, di sviluppo e rilancio della
Valle e sul diritto al futuro delle nuove generazioni del
Belìce", dice ancora Bonanno. Non sono bastate, però, le visite
dell'allora Presidente della Camera Fausto Bertinotti e di due
Presidenti della Repubblica (Giorgio Napolitano e Sergio
Mattarella) per richiamare Governo e Parlamento e accelerare il
completamento di una ricostruzione.
All'appello mancano ancora 200 milioni di euro per le opere
pubbliche e 250 milioni per l'edilizia privata. L'ultimo elenco
stilato del reale fabbisogno per chiudere la ricostruzione
risale al 2011. Negli ultimi anni in Finanziaria non sono state
più inserite le somme da destinare al Belìce. "Il tempo,
inesorabile lento guaritore - dice con amarezza Vito Bonanno -
ha chiuso il problema, senza tuttavia averlo risolto".
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