La figura del procuratore Pietro Scaglione, ucciso dalla mafia il 5 maggio 1971 insieme all'agente Antonio Lorusso, sarà rievocata nell'ambito del convegno "Mafia e antimafia: l'attualità delle origini", organizzato dai familiari del magistrato,dalla Società siciliana per la Storia Patria e dall'Anpi con interventi di studiosi, giornalisti e magistrati. Scaglione, entrato in magistratura nel 1928, si era occupato dei grandi misteri siciliani e dei delitti più efferati, dalla strage di Portella della Ginestra del primo maggio 1947 (che aveva collegato alla difesa del latifondo) al caso di Salvatore Giuliano, dalla morte di Gaspare Pisciotta in una cella dell'Ucciardone all'uccisione del sindacalista Placido Rizzotto per la quale aveva chiesto il rinvio a giudizio di Luciano Liggio e di altri due "picciotti". Scaglione aveva indagato anche sulla cosca corleonese, che si apprestava a diventare egemone nella gerarchia della mafia, e sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro. In tutta la sua carriera, si legge negli atti giudiziari sull'agguato al procuratore riconosciuto come vittima di Cosa nostra, Scaglione aveva promosso numerose iniziative giudiziarie in una fase in cui si affermava una linea di terrorismo mafioso contro la libertà di stampa e contro la magistratura. Pagò, si legge ancora nelle sentenze, come magistrato integerrimo e "persecutore spietato della mafia" Le causali dell'omicidio del procuratore, ricordano i figli Antonio e Maria, furono plurime: vendicative per il ruolo di inflessibile persecutore della mafia svolto dal magistrato; preventive, per evitare sue future iniziative pericolose per Cosa nostra e i poteri collusi; eversive, in un contesto di "strategia della tensione" che toccò anche la Sicilia come, tra l'altro, hanno dichiarato i principali collaboratori di giustizia.
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