Una serie di perquisizioni è
stata compiuta dalla Polizia a Messina nell'ambito
dell'inchiesta sull'omicidio del giudice Antonino Scopelliti, il
sostituto procuratore generale della Cassazione che avrebbe
dovuto sostenere l'accusa nel maxiprocesso a Cosa nostra, ucciso
il 9 agosto del 1991, mentre sulla sua Bmw, percorreva la strada
tra la frazione Ferrito di Villa San Giovanni e Piale di Campo
Calabro, il suo paese d'origine, nel reggino. Lo scrive oggi la
Gazzetta del Sud. I provvedimenti rientrano nella nuova
inchiesta sul delitto aperta dalla Dda di Reggio Calabria
guidata da Giuseppe Lombardo e nell'ambito della quale, anni fa
sono stati notificati 18 avvisi di garanzia a boss della mafia e
della 'ndrangheta tra i quali figurava anche Matteo Messina
Denaro.
Le perquisizioni seguono la ricostruzione effettuata
all'inizio di aprile sul luogo del delitto, in base alle
dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Maurizio
Avola - che si è accusato di essere uno dei due autori
dell'agguato - e che negli anni scorsi ha fatto ritrovare il
fucile che sarebbe stato usato per l'agguato. Le perquisizioni,
scrive il quotidiano, hanno riguardato "abitazioni, capannoni e
terreni che in passato sono appartenuti alla cellula messinese
del gruppo Romeo-Santapaola", una "filiazione diretta del clan
etneo che mantenne sempre forti legami familiari con il
capostipite, quel don Nitto che si sedeva da protagonista nella
commissione regionale di Cosa nostra e fu imputato come mandante
proprio nel processo per l'uccisione di Scopelliti. Un processo
che dopo le condanne di primo grado si concluse in appello con
una lunga serie di clamorose assoluzioni".
L'ipotesi degli inquirenti è che a Messina vi possa essere
stata la base logistica in cui fu pianificato il delitto dopo
l'accordo tra boss siciliani e calabresi.
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