Riemergono come cicatrici nei muri
di Venezia, vecchi di ottant'anni, i graffiti della Liberazione,
incisioni di quel 25 aprile 1945 che, con l'insurrezione
popolare, vide il Paese affrancarsi dal nazifascismo.
Un ricordo che è andato affievolendosi nella tradizione orale:
sono pochi gli ultraottantenni, bambini di allora, che
conservano le memorie di quei giorni, insufficienti a ricomporre
una visione storica. Eppure, nelle calli e sui ponti di Venezia
quei segni ci sono ancora: sono incisioni sulla pietra o scritte
a matita (molte tuttavia sono state cancellate dalla pioggia).
Ai 'Graffiti Resistenti, occupazione nazifascista, Liberazione e
lotta politica testimoniati dalle pietre di Venezia' dedicano
una pubblicazione lo scrittore Alberto Toso Fei e la storica
Desi Marangon. Due delle scritte della Liberazione si trovano
nel chiostro del convento del cimitero di San Michele: in una
delle arcate si può scorgere un 'W l'Italia Libera' scritto a
lapis da un anonimo, che ha però messo la data 28 aprile 1945,
il giorno della liberazione di Venezia.
A San Michele si trovavano gli sfollati del bombardamento
alleato del 21 marzo. L'autore di 'W l'Italia libera' potrebbe
essere quello stesso 'Rocco Pavone' che firmò, invece, a matita
grassa, un'altra scritta sempre su una volta del convento,
"Rifugiato incursione aerea' - intendendo più probabilmente
'sfollato' ndr. - Incisioni dalla Liberazione, ma anche simboli
del dominio nazifascista: in campo San Francesco della vigna, è
così visibile l'incisione in un masso di trachite di un "fascio
littorio", forse ammonimento ad alcuni 'resistenti' che
abitavano lì vicino; in Calla Rener, invece, sopra il numero
civico 3433, si scorge "Platkommandantur', indicazione per la
sede del comando germanico, attuale Museo Correr.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA