Aveva perso il lavoro perché era
rimasta incinta e si era rivolta alla Cgil e la Corte d'appello
di Trento ha accolto il ricorso dell'impiegata in staff leasing
a cui Dana, l'azienda per cui la donna lavorava, aveva
interrotto la missione a fronte della gravidanza. L'azienda è
stata condannata per discriminazione di genere. La causa è stata
seguita dall'avvocata Sonia Guglieminetti, col sostegno della
Fiom, del Nidil e dell'Ufficio vertenze della Cgil del Trentino.
I fatti risalgono al 2021. L'impiegata, addetta alla
contabilità, lavorava in Dana con un contratto interinale, con
missione a termine fino al 2049. Nel settembre 2021 era entrata
in gravidanza a rischio e, per questa ragione, Dana l'aveva
estromessa dall'organico, interrompendone la missione. In
conseguenza a questa decisione, la lavoratrice è quindi tornata
in capo all'agenzia di somministrazione, che, non potendola
ricollocare a causa della gravidanza, le ha erogato solo
l'indennità di mancata missione: un terzo dello stipendio che
avrebbe percepito se il diritto alla maternità le fosse stato
garantito.
A fronte delle rimostranze della Fiom, Dana prima ha
sostenuto di non avere alcun dovere nei confronti dei lavoratori
in somministrazione e poi, davanti al giudice del lavoro, ha
detto che la decisione era "conseguenza di una ristrutturazione
aziendale" e che la concomitanza con la gravidanza era pura
coincidenza, così come pura coincidenza era stata l'identica
decisione assunta nei confronti di un'altra lavoratrice
interinale andata in gravidanza.
La Corte - sottolinea il sindacato - ha accertato che il
comportamento di Dana è derivato da una discriminazione verso le
donne: tra circa un migliaio di lavoratori, stabili e precari,
le uniche due estromesse da Dana in quel periodo erano state
proprio quelle due donne. La condizione di una lavoratrice in
stato di gravidanza - ha sancito la Corte - va tutelata sempre,
anche se lavora con un contratto precario. In caso contrario, si
è di fronte ad una discriminazione. Per questa ragione Dana
dovrà riconoscere alla lavoratrice il 100% della retribuzione
sino al compimento dell'anno di età del figlio, e risarcire il
danno dovuto alla discriminazione di genere. Accollate
integralmente a Dana anche le spese legali.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA