Sedici anni dopo il sisma che nel
2009 colpì L'Aquila e l'Abruzzo il monumentale Gonfalone
raffigurante i Santi protettori della Città, opera
cinquecentesca di Giovanni Paolo Cardone patrimonio del Museo
Nazionale d'Abruzzo (Munda), tornerà nel capoluogo dopo un
complesso restauro eseguito dai tecnici dell'Opificio delle
Pietre Dure di Firenze. L'intervento, finanziato
dall'Associazione Bancaria Italiana (Abi) e dalle banche del
Gruppo di lavoro Relazioni culturali dell'Associazione, è stato
illustrato oggi in Opificio, nella sede della Fortezza da Basso,
presenti la Soprintendente dell'Opificio, Emanuela Daffra, la
direttrice del MuNDA, Federica Zalabra, e il presidente
dell'Abi, Antonio Patuelli.
Il Gonfalone, in seta rossa dipinta a olio, di dimensioni
460x323 cm, fu realizzato fra 1578 e 1579 per rimpiazzare un
precedente esemplare donato dalla città dell'Aquila alla
Basilica di San Pietro per il Giubileo del 1575. Della
commissione fu incaricato Giovan Paolo Cardone, una delle
personalità artistiche più rilevanti del tardo manierismo
abruzzese, il quale, in ossequio alle indicazioni delle
Magistrature cittadine, intorno a una fedele rappresentazione
prospettica della città dipinse la Vergine prostrata davanti al
Cristo e i Santi Massimo, Pietro Celestino, Bernardino ed
Equizio, protettori dell'Aquila. La veduta topografica, tra
l'altro, consente di conoscere la città come era prima del
terremoto del 1703. La scena centrale è racchiusa in una cornice
a fregi dorati, interrotta in corrispondenza dei lati maggiori
da medaglioni con l'aquila nera dello stemma civico e di quelli
minori dal trigramma bernardiniano entro un sole sfavillante. In
basso, cinque pendenti o "drappelle" rettangolari in cui si
alternano S. Antonio da Padova, S. Francesco d'Assisi,
S.Giovanni da Capestrano e Santi vescovi.
Per secoli lo stendardo è stato conservato nella Basilica di
San Bernardino e fino al 1815, il 10 agosto, veniva portato in
processione per implorare "la serenità dell'aria". Poi passò nel
Castello Cinquecentesco, dove si trovava nel 2009. Dopo il sisma
fu accolto dal Museo Paludi di Celano fino al 2013 quando,
grazie all'Abi, fu affidato all'Opificio delle Pietre Dure dove
il restauro si è concluso nel 2015. Il Gonfalone è stato
dapprima ripulito dai materiali che il tempo e il terremoto
avevano depositato sulla superficie; alla seconda fase risalgono
consolidamento e riadesione dei sollevamenti tessili. La fodera
esistente è stata rimossa dalla cucitura del Gonfalone per non
causare ulteriori aggravi alla struttura originaria.
"L'Abi è orgogliosa di aver contribuito al restauro del
Gonfalone. Questo importante progetto testimonia la forza della
collaborazione per la salvaguardia e la tutela della nostra
eredità artistica, storica e culturale" ha detto Patuelli.
"L'Opificio da anni opera in prima linea per le opere
danneggiate da catastrofi naturali con l'obiettivo di
preservarle, restaurarle e restituirle alle comunità di
appartenenza - ha dichiarato la Soprintendente Daffra - In
questi casi le difficoltà sono molteplici: di intervento, ma
anche di ritorno in contesti feriti e cambiati. L'azione
concorde tra attori diversi, che mette in dialogo competenze di
restauro, valorizzazione del patrimonio museale e sostegno
privato, è una delle chiavi per superare queste difficoltà".
Per la prossima apertura del Munda al Castello Cinquecentesco
dell'Aquila, ha concluso Zalabra, "abbiamo voluto riportare a
casa il Gonfalone. Non potremo esporlo come progettato perché
non ci hanno ancora riconsegnato l'ala dove lo mostreremo
permanentemente, ma allestiremo una sala temporanea dove piccoli
gruppi potranno ammirarlo, anche con nuove soluzioni
tecnologiche, e riappropriarsi di una tessera del nostro
patrimonio, anche in vista di L'Aquila Capitale della Cultura".
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