Una sorta di Zibaldone/opera pop ante litteram, il Diario futile, rimasto a lungo inedito, in cui il regista aveva incollato, negli anni della guerra, ritagli di giornale, vignette, appunti e foto dei collaboratori, ispirerà l'allestimento di 'Steno, l'arte di far ridere', grande mostra dedicata al cineasta, che sarà a Roma alla Galleria Nazionale d'arte Moderna dal 12 aprile a 5 giugno, in occasione del centenario della nascita del cineasta.
Sarà un viaggio scandito da giornali (come i numeri del Marc'Aurelio, per cui Steno era stato vignettista), documenti, scene di film, lettere, cimeli, caroselli, cartelloni, foto, ricco di materiale inedito di famiglia, grazie ai figli Enrico e Carlo Vanzina, per esplorare la personalità di uno dei padri della commedia all'italiana.
''Sarà l'occasione per conoscere le due anime di nostro padre - spiega Carlo Vanzina -. Era un regista molto popolare amato dal pubblico che era però anche un fine intellettuale e un grande scrittore''. L'esposizione a cura di Marco Dionisi e Nevio De Pascalis (realizzatori anche della recente mostra su Scola) è prodotta da Show Eventi, in collaborazione con CityFest (Fondazione Cinema per Roma) e con il sostegno di Siae. Stefano Vanzina, in arte Steno (''era una contrazione nel nome nata quando lavorava al Marc'Aurelio, ma c'è anche chi dice si sia ispirato a una famosa scrittrice di romanzi d'appendice Flavia Steno... vanno bene tutte e due le versioni'' dice Carlo Vanzina) nato a Roma il 19 gennaio 1917 e morto il 13 marzo 1988, ha firmato film come Un giorno in pretura, Guardie e Ladri (con Monicelli), Un americano a Roma, Totò a colori, Mio figlio Nerone, La polizia ringrazia, Febbre da cavallo, diventando uno dei registi d'elezione di attori come Sordi e Totò.
''Mio nonno morì presto, e mia nonna la contessa Giulia Boggio, che era un po' sciagurata e giocava al casinò, viveva con papà di stenti. A un certo punto decise di affidarlo a una zia e lui iniziò a prendersi cura di se stesso giovanissimo. Prese la licenza liceale al Mamiani, si iscrisse a legge, ed inoltre frequentava il Centro Sperimentale, l'Accademia D'Arte e lavorava al Marc'Aurelio. A 19 anni era già sceneggiatore per Mattoli... altri tempi - racconta sorridendo Enrico Vanzina. - Andava a lavorare in giacca e cravatta, era un uomo con i piedi per terra, ci ha insegnato tanto: essere seri in questo lavoro, anche perché i successi passano e che l'unico vero interlocutore è il pubblico'', per il quale ''papà aveva una grandissimo rispetto'' aggiunge Carlo. Con questa mostra, che ha come sottotitolo 'C'era una volta l'Italia di Steno. E c'è ancora', ''celebriamo il cinema italiano che nasce prima della guerra, si sviluppa nel primo dopoguerra e diventa fortissimo negli anni '50, '60, '70, grazie a persone molto semplici, intelligenti e spiritose, che si chiamavano Steno, Mario Monicelli, Scola, Risi, Comencini''. Eventi come questo sono anche ''un incitamento a figli di altri grandi artisti, come Tognazzi, Risi, Gassman a non mollare i ricordi, che non vanno rottamati, ma studiati''.
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