(di Alessandra Magliaro)
Un padre vedovo, due figli
adolescenti, uno che sogna la Sorbona ed è il più bravo del
liceo, un altro che non ha finito la scuola, pensa allo sport e
fatica a trovare la sua strada ma che poi imbocca quella
sbagliata di gruppi di estrema destra, che cominciano con il
tifo ultrà allo stadio e finiscono per picchiare l'immigrato per
strada. Un crescendo drammatico che pone al centro il ruolo
della paternità, dell'essere genitore oggi e la facile preda di
ideologie violente che possono essere i giovani. Un dramma
familiare struggente e da non perdere: è Noi e Loro (Jouer avec
le feu) delle sorelle Muriel e Delphine Coulin, in concorso
all'ultima Mostra di Venezia con grandi interpretazioni: Vincent
Lindon, che ha vinto la Coppa Volpi, e i due figli interpretati
da Benjamin Voisin (potrebbe andare a premio) e Stefan Crepon.
Il film, ispirato al pluripremiato romanzo "Quello che serve
di notte" di Laurent Petitmangin, edito in Italia da Mondadori,
è appena arrivato in sala con I Wonder Pictures. Lindon, 65
anni, tanti premi nella sua lunga carriera, gli ultimi dei quali
legati a progetti di grande profondità e sensibilità, dice in
un'intervista all'ANSA: "Come attore ritengo che sia
interessante, obbligatorio, che sia davvero alla base di tutto
fare film in cui ci si interroga sul mondo di oggi, anche perché
in questo modo si lascia una traccia, tra 30 anni chi guarderà
quel film vedrà cosa stava succedendo in quel determinato paese
in questa fase politica ed economica. Non dico di fare solo film
impegnati, ma sono quelli che mi piacciono".
L'argomento di fondo è coinvolgente: "Tutti noi abbiamo dei
figli e ci interroghiamo su come educarli al meglio, far capire
loro la differenza tra bene e male senza influenzarli, senza che
si sentano presi in trappola dalle opinioni dei loro genitori,
come possiamo educarli? Facendo in modo di ascoltarli,
comunicando con loro, capendoli, osservandoli ed amandoli. E
sono cose che mancano nel mondo, viviamo sui social network,
ascoltiamo i nostri follower invece di ascoltare i figli. Io -
prosegue il grande attore francese - ad esempio non ho social
network, non li voglio, li considero un cancro della nostra
società attuale, ci impediscono di incontrarci, di vederci tutti
assieme e questa è una cosa grave. E questo rende più difficile
il nostro compito di genitori".
Lindon ha due figli, l'hanno aiutata per questo film? "Non
porto la mia vita personale sul set, sicuramente c'è una parte
di inconscio che porto sul set, ma non utilizzo la mia vita
personale quando lavoro, il mio obiettivo di attore è mettermi
nei panni di qualcuno diverso da me, se portassi la mia vita
personale non sarebbe il mio lavoro, e così la lascio a casa".
Che padre pensa di essere? "Un pinco pallino qualunque. Faccio
quello che posso, come posso, nel modo migliore che posso,
sicuramente faccio tantissimi errori come tutti noi, forse
infliggiamo ferite ai figli ma cerchiamo di fare meno male
possibile. Non sono diverso da tutti: amo i miei figli, mi
sacrifico per loro, insomma niente di originale".
Preparare un personaggio per Vincent Lindon non è
scervellarsi su un copione: "Passo poco tempo a leggere, sono
poco colto, bevo molti aperitivi, sono sempre per strada,
osservo le persone, sono affascinato dalle persone è questa la
mia passione, sono quasi un imitatore perché poi nei film me le
porto dentro".
Ammette Lindon di vivere una seconda giovinezza
cinematografica? "Ho deciso di lavorare secondo quello che mi
ispira, faccio meglio quello che amo sempre meno e ho meno paura
di sbagliare, si lavora meglio quando ci sono meno sfide,
almeno per me".
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