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Salone Libro: Barbagallo, criteri di spartizione non culturali

Salone Libro: Barbagallo, criteri di spartizione non culturali

Per 12 anni direttrice Più libri più liberi, tra i 53 candidati

ROMA, 16 febbraio 2023, 15:38

Redazione ANSA

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"La destra meloniana, che non è il berlusconismo, rispetto alla cultura ha un desiderio di controllo piuttosto importante. Lo abbiamo ben visto al Maxxi di Roma: subito al posto di Giovanna Melandri è stato messo Alessandro Giuli, uno degli uomini più vicini a Giorgia Meloni".
    Lo dice Silvia Barbagallo, per dodici anni direttrice artistica della Fiera Più libri più liberi, che da oltre vent'anni organizza i palinsesti culturali di festival e fiere, tra i 53 che hanno risposto alla chiamata pubblica per individuare il nuovo direttore del Salone del Libro di Torino dopo l'era di Nicola Lagioia.
    Commentando la bufera che si è scatenata sul nome del successore di Lagioia e dopo il 'no' di Paolo Giordano, Barbagallo ricorda di aver vissuto una situazione di "censura".
    "Ho subito sulla mia pelle quello che è il condizionamento politico nella cultura e non porta a niente di buono, purtroppo.
    Quello che vedo in queste ore lo conosco molto bene. Ero stata chiamata dal Festival degli Incontri per il decennale del Festival dell'Aquila nel 2019. Sono stata chiamata dal ministero, non dal sindaco, che aveva stanziato una somma per le celebrazioni. Ho fatto tutto il programma. Quando il sindaco Pierluigi Biondi, uno degli uomini più vicini alla Meloni all'epoca, lo ha visto, mi ha chiesto di togliere Saviano e Zerocalcare che non erano bene accetti. Io mi sono rifiutata e sono stata scaraventata fuori. Il rischio che vedo in queste ore sul Salone del Libro di Torino è anche un po' questo. Anche se Giordano non ha subito una censura, ma si è reso conto che i confini erano stretti" sottolinea Silvia Barbagallo. Quello che è chiaro ora per Barbagallo "è che il nome del prossimo direttore del Salone del Libro deve essere ben voluto da troppe parti. Deve rispondere a dei criteri che non sono più culturali, ma di spartizione che è una logica Rai incredibile che il Salone non rappresentava finora".
   

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