Quando l'agente degli "apparati"
Vincenzo Tagliente sbarca a Trieste, luogo di temporaneo esilio,
si trova in una città per certi aspetti simile alla sua Napoli,
per altri, in un luogo che non è più Italia ma non è nemmeno più
Austria o Balcani, dove tutti parlano un dialetto assurto a
lingua e dove è cominciata una guerra nel 1914 finita
all'incirca un secolo dopo. Insomma, quella "Trieste è
un'isola", circondata oggi quasi completamente dalla Slovenia. E
questo è anche il titolo del libro che Francesco De Filippo ha
presentato ieri sera ironizzando sui luoghi comuni sia
napoletani che triestini.
Vincenzo Tagliente è un operativo, si annoia a fare un lavoro
sedentario che gli hanno trovato, dunque, appena gli capita
l'occasione, scatta per indagare il caso strano e strambo di una
donna che conosce al campo profughi di Padriciano, sul Carso,
dove trovarono rifugio alcuni dei 300mila esuli fuggiti dalla
Jugoslavia titina.
Tagliente fa il paio, ma in modo opposto, con il commissario
Francois Gerard, occhi azzurri, rapido con la pistola ma
compassato, ama cucinare, raccoglie cani randagi, impegnato
nella risoluzione del difficile Caso Colbert, l'assassinio del
presidente di una società di tecnologie informatiche. Che è poi
il titolo del libro di Carlo Lefebvre. C'entrano ugualmente i
servizi e una rete internazionale di malaffare e spioni, ma il
quadro è decisamente diverso da quello partetriestino.
Entrambi i libri sono stati presentati ieri sera a Palazzo
Mantica nel corso di Pordenonelegge.
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