(di Patrizia Vacalebri)
GIUSEPPE ANTONELLI - LA VITA DELLE
PAROLE (Il Mulino, 785 pp, 38 euro) - "Le parole sono pietre:
pietre che rotolano nel tempo e intanto s'impastano di storia,
trattenendo un poco di ogni epoca. E molto della nostra vita,
perchè tutti viviamo una vita tra le parole. Parole d'amore e
d'odio, parole di lavoro, parole dette, scritte, lette,
ascoltate, sentite e dimenticate, parole sbagliate. Ci sono
parole che per ognuno di noi hanno un valore speciale: da cui la
memoria sprigiona in forma di pura emozione, si fa sentimento
attraverso i sensi; porta con sé un suo sapore, un suo odore o
colore, una superficie levigata o ruvida, una strana consistenza
concreta e tridimensionale. La forza delle parole è anche
questa, la loro straordinaria capacità di evocazione". In un
tempo in cui ogni nostra parola può essere amplificata,
moltiplicata, enfatizzata o tradita dalla rete e dai social
network, la responsabilità dell'uso del linguaggio è diventata
molto più grande per ciascuno di noi. Il corposo volume di
Giuseppe Antonelli, illustra la ricchezza del nostro lessico: la
provenienza delle parole, la loro storia e struttura, il loro
ambito d'uso, il modo in cui hanno segnato un'epoca o un aspetto
della società. I capitoli, scritti con passione e competenza da
firme di rango, disegnano nel loro insieme un mosaico vivace e
variegato. Uno straordinario viaggio alla scoperta del
patrimonio lessicale dell'italiano, una lettura di grande
piacevolezza, che riserverà utili consigli, curiosità e
sorprese. "Ma a volte - prosegue l'autore - ci sono situazioni
in cui le parole ci mancano. Perchè non ci vengono - proprio in
quel momento ci sembra di verle perse - o perchè non ci sono.
Nel senso che il vocabolario della nostra lingua non e le mette
a disposizione. Come si chiama un genitore a cui è morto un
figlio?' In italiano non si chiama in nessun modo: in italiano
questa cosa non si dice". Poi, arriva "L'elogio del
vocabolario. "E' un genere piuttosto frequentato verso la fine
del Novecento - scrive Antonelli - anche da linguisti come Gian
Luigi Beccaria "Il vocabolario per uno scrittore è tutto"),
Raffaele Simone ("Come il mondo contiene tutte le cose e le
possibili combinazioni tra le cose, così il vocabolario contiene
tutte le parole e tutti i significati"), Giovanni Nencioni ("Ho
sempre pensato che un vocabolario della propria lingua sia uno
strumento utile per tutti, ma per gli italiani necessario")".
"Però, obietterà qualcuno, erano altri tempi: a cosa serve un
vocabolario nell'era della rete, dei motori di ricerca e
dell'intelligenza artificiale? A capire le tante parole che
ogni giorno sentiamo e leggiamo -in certi casi usiamo - pensando
o illudendoci o facendo finta di conoscerle, tanto per
cominciare". Il vocabolario serve "A rendersi conto che certe
parole sono volgari o regionali o gergali o vanno bene solo in
un registro familiare o colloquiale. A sapere insomma quali è
meglio usare in ogni situazione". "Leggere il vocabolario come
un romanzo. Costruire ogni volta una trama diversa, seguendo gli
infiniti percorsi dei rinvii e delle risonanze: dalle
etimologie, dai sinonimi, dai contrari". "E lo so che leggere un
vocabolario può sembrare una cosa strana, come quello di De
Andrè che cercava di imparare la Treccani a memoria. Eppure 'per
me non c'è altro libro che diletti altrettanto, per poco che
l'immaginazione del lettore si presti a vivificar la lettura'
scriveva De Amicis nel suo L'idioma gentile (1905). Forse,
allora, leggere un dizionario come se fosse un romanzo non è
così assurdo come potrebbe sembrare". Giuseppe Antonelli
insegna Storia della lingua italiana all'Università di Pavia,
collabora con il Corriere della Sera. Tra i suoi libri: Il museo
della lingua italiana (Mondadori, 2020), Il Dante di tutti.
Un'epopea pop (Einaudi, 2022). Con il Mulino ha pubblicato Ma
cosa vuoi che sia una canzone. Mezzo secolo di italiano cantato
(2010) e L'italiano nella società della comunicazione 2.0.
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