Livio Labor, in occasione dei 25 anni
dalla scomparsa, viene ricordato in una voce del Dizionario
Biografico degli Italiani Treccani, curata da Giuseppe Sircana,
come il protagonista della battaglia per l'affermazione
dell'autonomia delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani
(ACLI) dalla Democrazia Cristiana (DC), intesa "non come un
divieto della politicità dell'organizzazione ma come un
presupposto del suo pieno dispiegarsi sul terreno suo proprio,
quello culturale e sociale".
Nato a Leopoli il 1° luglio 1918 da Marcello, medico chirurgo, e
da Elsa Reiss, visse con la famiglia fra Trieste e Pola fino al
1936 e studiò filosofia all'Università cattolica di Milano. Su
di lui ebbe una grande influenza la figura del padre, socialista
ed ebreo, che nel 1914 si era convertito alla fede cattolica e
fu ordinato sacerdote nel 1938.
Impegnato in un'intensa attività di apostolato religioso nelle
file della Compagnia di S. Paolo, Labor si laureò nel 1940 con
una tesi sulla perfezione della natura umana e lavorò a Roma
presso l'Istituto cattolico di attività sociali (ICAS), come
redattore per le questioni sindacali del periodico Orientamenti
sociali e come organizzatore dei corsi di formazione per giovani
sindacalisti.
Votato all'impegno sociale e all'apostolato religioso, Labor
divenne vicepresidente provinciale delle ACLI e in seguito
membro della presidenza nazionale, con l'incarico di
responsabile della formazione e poi come vicepresidente
centrale.
Eletto presidente nel 1961, Labor si caratterizzò subito per la
determinazione con cui percorse la strada dell'autonomia,
convinto che il rapporto del suo movimento con il partito
democristiano doveva intendersi come tra due forze perfettamente
autonome l'una dall'altra e dialoganti, fuori d'ogni
subordinazione o strumentalizzazione.
Grazie a lui, le ACLI ebbero una grande espansione organizzativa
e una crescente influenza nella società civile, nella vita
politica e nella comunità ecclesiale, investita dallo spirito
nuovo del concilio ecumenico Vaticano II.
Dopo il congresso di Torino del 1969, nel quale l'86% dei
delegati approvò l'affermazione del "non-collateralismo" con la
DC e del voto libero, Labor lasciò la presidenza, e poi anche il
consiglio nazionale, per non coinvolgere le ACLI nelle sue
scelte personali sul terreno politico.
Dopo essere stato fra i principali fondatori del Movimento
politico dei lavoratori (MPL), il primo tentativo di un partito
di ispirazione cattolica alternativo alla DC, Labor confluì nel
Partito Socialista Italiano (PSI), dove si ritrovò sulle
posizioni della sinistra di Riccardo Lombardi e nel 1976 fu
eletto al Senato. Nominato nel 1992 presidente dell'Istituto per
lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
(ISFOL), Labor fu in seguito tra i promotori del Comitato
italiano per i diritti degli anziani, di cui divenne presidente
e al quale dedicò le sue ultime energie. Morì a Roma il 9 aprile
1999.
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