"Il merito e il bisogno", due
parole chiave del discorso politico di Claudio Martelli con cui
l'ex ministro della Giustizia infiammò la platea della
conferenza di Rimini dell'allora Partito Socialista Italiano del
1982, ritornano più attuali che mai. A queste l'ex leader
socialista ne ha aggiunta una terza - "il grande tumulto" - che
racconta in maniera plastica l'attualità. Nasce così una
riflessione autorevole sul nostro tempo, maturata dall'ex leader
socialista, attraverso una vita di impegno civile e pubblico, e
animata in pari misura dalla forza dell'indignazione e dal
dovere della speranza.
Nel suo nuovo libro "Il merito, il bisogno e il grande
tumulto", edito da La nave di Teseo, Martelli riprende quelle
tematiche sempre attuali a oltre quarant'anni di distanza: da un
lato il mondo del bisogno, della miseria e del dolore,
dall'altro la necessità di politiche pubbliche migliori che
sappiano aprire e non sbarrare la strada al merito, alle
capacità e ai talenti.
L'analisi di Martelli parte da un punto fermo. Il paesaggio
sociale italiano non è sostanzialmente mutato rispetto al 1982 e
le priorità indicate da quel discorso restano più che mai
attuali. È un'invettiva contro l'assenza o la pochezza delle
proposte politiche che hanno caratterizzato gli ultimi
quarant'anni, comprese le paradossali invettive contro "la
tirannia del merito" e la cecità di fronte al malcontento
all'origine degli attuali populismi. L'aumento del numero di
famiglie italiane precipitate nella povertà assoluta - spiega
Martelli - impone l'urgenza di politiche mirate al risentito
mondo del bisogno. E allo stesso modo premiare il merito e i
talenti significa aprire la strada a chi non ha ereditato
privilegi o vantaggi dalla lotteria della vita. Significa
mettere o rimettere in moto l'ascensore sociale fornendo a chi è
sprofondato nell'emarginazione una possibilità e un esempio
virtuoso, praticabile, contagioso.
Se il libero mercato produce più prosperità di qualunque
altro sistema economico, se è vero che gli spiriti del
capitalismo generano progressi, progressi anche maggiori li
genera l'accesso di masse crescenti all'istruzione, al lavoro e
alle professioni. Una società aperta è una società più equa -
conclude Martelli - e una società più giusta sarà una società
più dinamica e più prospera.
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