Un saggio storico dedicato alle
vicende intricate del liberalismo russo nei primi anni '20 del
secolo scorso che transita anche nell'attualità del pensiero
putiniano e "aiuta a comprenderlo": è il volume 'La libertà
fuori dalla Russia' (Nuova Cultura, pp 308, euro 32) della
ricercatrice di storia dell'università 'La Sapienza', Renata
Gravina, presentato oggi al Dipartimento di Storia
dell'università degli studi 'Tor Vergata' di Roma.
Secondo l'autrice "la vicenda contraddittoria della storia
della libertà russa trova innumerevoli punti di contatto con la
parabola teorica del putinismo, il quale ha attinto molto dal
liberalismo conservatore".
'La libertà fuori dalla Russia' ripercorre l'evoluzione del
liberalismo russo dalle origini agli albori del Novecento, poi
sulle vicende politico-ideologiche dei 'cadetti' (il partito
costituzional-democratico KD) ed, infine sull'emigrazione
liberale russa a Parigi fra il 1905 e il 1921, dedicando spazio
alla Conferenza di Pace, alla Guerra civile russa e soprattutto
al contributo dei liberali russi nell'elaborazione di un proto
diritto umanitario.
Il saggio ricostruisce la tormentata vicenda libertaria russa
a cent'anni dalla partenza della nave dei filosofi - il battello
al quale Lenin destinò tra le menti più vivide della lotta al
bolscevismo - molti dei quali erano esponenti del liberalismo
russo. Il volume risponde altresì alle ragioni della stretta
correlazione tra liberalismo e sovranità. Per i principali
liberali russi (Miljukov, Maklakov, Struve) l'impero russo
doveva essere unito ed integro: la Russia libera doveva
coincidere con la salvaguardia della triade di Russia,
Bielorussia e Ucraina.
La presentazione del volume si inserisce quale prima tappa
del neonato Centro di studi sulla Russia Contemporanea (Cesarc).
Il centro, istituito presso il medesimo Dipartimento, è composto
da un consiglio scientifico di studiosi e coordinato dallo
storico Andrea Romano con l'intento di capire e far comprendere
la Russia contemporanea.
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